Trump annuncia lo storico accordo di pace tra Israele e Hamas: “Tutti gli ostaggi saranno presto liberi”

La prima fase del piano di pace firmata in Egitto pone le basi per la fine della guerra a Gaza e lo scambio di prigionieri

Trump annuncia lo storico accordo di pace tra Israele e Hamas: “Tutti gli ostaggi saranno presto liberi”

“Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno entrambi sottoscritto la prima fase del nostro Piano di Pace”. Con queste parole, pubblicate sul suo social Truth, Donald Trump ha confermato nella notte l’intesa tra le parti, aprendo ufficialmente la strada a quella che potrebbe essere ricordata come la fine della guerra a Gaza.

Il presidente americano, da tempo impegnato in una mediazione discreta con i governi di Qatar, Egitto e Turchia, ha sottolineato che “tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto” e che Israele “ritirerà le sue truppe secondo una linea concordata, come primo passo verso una pace forte, duratura e perenne”.

La firma in Egitto e il ruolo dei mediatori

La firma ufficiale della prima fase del piano di pace è attesa per domani al Cairo, alla presenza dei mediatori che hanno reso possibile l’accordo dopo mesi di negoziati. A confermarlo è stato anche Majed al-Ansari, portavoce del Ministero degli Esteri del Qatar, secondo cui l’intesa “porterà alla fine della guerra, al rilascio degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi e all’invio di aiuti umanitari”.

Secondo quanto riportano i media israeliani, gli ostaggi dovrebbero essere rilasciati nel weekend, mentre il premier Benjamin Netanyahu ha parlato di “un grande giorno per Israele” assicurando che “con l’aiuto di Dio li riporteremo tutti a casa”. Subito dopo l’annuncio, Netanyahu ha convocato il parlamento per l’approvazione formale del piano e ha avuto una lunga conversazione telefonica con Trump.

Le reazioni da Gaza e l’annuncio di Hamas

Anche da Gaza è arrivata la conferma. In un comunicato diffuso dalla tv al-Mayadeen, Hamas ha dichiarato che “l’accordo prevede la fine della guerra, il ritiro dell’occupazione, l’invio di aiuti e uno scambio di prigionieri”. Il gruppo palestinese ha ringraziato i mediatori “fraterni” di Qatar, Egitto e Turchia, oltre allo stesso Trump, per gli “sforzi volti a porre fine al conflitto”.

La notizia ha scatenato scene di gioia nelle strade di Gaza e tra le famiglie degli ostaggi israeliani, che hanno inviato un videomessaggio di ringraziamento al presidente americano. L’accordo arriva due anni dopo l’attacco del 7 ottobre 2023, in cui Hamas uccise circa 1.200 persone e ne prese in ostaggio 251. Da allora, secondo il ministero della Sanità palestinese, oltre 67.000 persone sono state uccise dalle operazioni militari israeliane, tra cui più di 20.000 bambini.

Le prossime mosse e i punti ancora oscuri

Nonostante l’euforia, molti dettagli restano da chiarire. Secondo un alto funzionario della Casa Bianca, Israele “dovrà ritirarsi sulla linea concordata entro 24 ore dall’approvazione parlamentare”, dopodiché scatteranno 72 ore per l’avvio del rilascio degli ostaggi, previsto per lunedì.

Le Forze di difesa israeliane (Idf), intanto, hanno ricevuto ordine dal capo di Stato maggiore Eyal Zamir di “tenersi pronte a qualsiasi scenario”, assicurando che agiranno “in conformità con gli ordini politici e le fasi dell’accordo, salvaguardando al contempo i soldati e i cittadini israeliani”.

Secondo la Bbc, Israele avrebbe rifiutato l’inclusione del leader palestinese Marwan Barghouti nello scambio dei prigionieri, nonostante le richieste di Hamas.

Un accordo storico ma fragile

Trump, definendo l’intesa “un grande giorno per il mondo arabo, Israele e gli Stati Uniti”, si prepara a volare in Medio Oriente nel fine settimana, dove potrebbe presenziare alla firma ufficiale.

Ma mentre la diplomazia celebra, l’equilibrio resta precario: Hamas ha già chiesto a Washington di vigilare affinché Israele rispetti gli impegni presi.

Il mondo osserva. Dopo due anni di sangue, la prima fase del cessate il fuoco a Gaza potrebbe segnare l’inizio di una pace storica, o solo una fragile tregua sospesa sul filo della diffidenza.