La follia di Gene Gnocchi. Per riaprire l’Italia vuol farci ridere. Un libro in mezzo alla pandemia. Con una lezione per chi agita le piazze

Arriva in libreria un volume di Gene Gnocchi in mezzo alla pandemia. Con una lezione per chi agita le piazze.

La follia di Gene Gnocchi. Per riaprire l’Italia vuol farci ridere. Un libro in mezzo alla pandemia. Con una lezione per chi agita le piazze

Comincio con una confessione: tutte le volte in cui sono stata chiamata a presentare un libro, rare sono state quelle in cui l’ho letto integralmente. Il metodo – che non ho di certo brevettato io ed è dalla notte dei tempi utilizzato (anche) da nomi altisonanti che mai sarebbero disposti ad ammetterlo – consiste in una lettura tanto scrupolosa quanto parziale di: prefazione (tutta), capitolo centrale (il cuore, per intenderci), fine (qualche pagina, le ultime).

Insomma, ho appena enunciato la ricetta perfetta per ricevere qualche “vaffa” da autori che si sono sciaguratamente affidati a me ed essere estromessa a vita dal circuito, molto fecondo in termini relazionali, delle presentazioni di libri. Eppure, io “Il Gusto Puffo” di Gene Gnocchi edito da Solferino – che non è certamente un trattato teologico politico o l’etica dimostrata geometricamente (i più eruditi colgono la citazione spinoziana) – l’ho presentato leggendolo tutto. Tutto e tutto d’un fiato.

E durante la diretta in una libreria romana (distanziati, eh!) mentre mi raccontava della sua esperienza nei California Dream Men over 60, o della cattura dell’inventore del balsamo di Piero Sansonetti che genera unto, io ridevo. E qui arriva la seconda confessione: ridevo senza sensi di colpa.

Ridevo a cuor leggero anche se sapevo, dalle tante agenzie stampa che rendevano roventi i nostri telefoni, che mentre stavamo fantasticando dell’adozione del figlio di Briatore da parte di una coppia di stranieri che fa una raccolta fondi e poi finisce per fare una rapina con un pitone, piazza Montecitorio era invasa in via non autorizzata da #ioapro e urlava il proprio disagio, la propria sofferenza. Quelli sì autorizzati.

Lacrimogeni; mascherine abbassate – o assenti – in barba ai tanti morti; vergognosi gesti appartenenti a una collettiva e dolorosa memoria storica e la stramaledetta strumentalizzazione politica di coloro che fanno propaganda remando contro chi con responsabilità, e anche qualche errore, governa in una situazione extra-ordinaria. Ma, soprattutto, andando contro proprio quella gente lì. Che non cerca illusioni e parole, ma risposte concrete. Ecco, noi ridevamo mentre accadeva tutto questo. Senza sensi di colpa.

UN DUETTO PER SEI. Lo so, viene da pensare: “che stronzi”; “tanto voi, non avete problemi”; “privilegiati!”. E invece, no. Ridere, pensare ad altro, cercare delle vie di fuga non vuol dire rimuovere la realtà. Ma tornarvi con nuova linfa, nuova forza. Ecco perché quando Gene parlava della necessità di “riaprire”, ma con la dovuta prudenza e gradualità, immediato è stato il riferimento al mondo della cultura, comicità e satira in prima linea. Oggi più che mai.

È un bisogno. Non solo dei tanti lavoratori del settore che sono a casa fermi ma anche di noi fruitori che, proprio mentre siamo al fronte e combattiamo questa guerra, abbiamo bisogno di evadere. Di sognare. Di ridere. Per essere più forti, per non soccombere. Così, quando leggo “Una duetto per sei” uno dei racconti presenti nel libro in cui Gene descrive come suo padre – per non rinunciare alla bellissima auto con cui portare la sua amatissima moglie in giro – utilizzasse una duetto fiammante per trasportare tutti e sei i figli (ovviamente uno alla volta tenendo conto che l’altro posto auto era destinato al conducente) lungo i tanti kilometri A/R che dividevano casa dalla porzione di mare scelta per le vacanze estive, per cui il primo dei figli ad essere accompagnato riusciva a fare la vacanza a inizio stagione mentre l’ultimo arrivava a ombrelloni già chiusi.

Il Gusto Puffo buono e imprevedibile come siamo tutti noi

Ma arrivava. E il mare lo vedeva. La nostra Italia è un po’ come quella duetto per sei: anche se in ritardo, come una grande famiglia che cancella gli egoismi individuali, dobbiamo arrivare tutti alla meta. Con il bisogno di ridere, nonostante tutto. O proprio per questo. Non è un ricettario di gelateria, ma con il suo Gusto Puffo, edito da Solferino, Gene Gnocchi parla di sé per raccontarci di noi, come siamo e come ci sentiamo, ciascuno con un sapore diverso dall’altro, indefinito e originale, al pari di quei gelati dal colore improbabile che ovunque si preparano con gli ingredienti più vari. Con il suo stile stralunato e insieme capace di cogliere con precisione chirurgica la verità delle emozioni e delle situazioni, Gnocchi suscita ilarità ma anche malinconia.

I protagonisti del libro sono un aspirante California Dream Man ultrasessantenne a cui si sloga una spalla ogni volta che esce da una torta; l’inventore della legge che impone agli artisti di far posare le modelle solo vestite, col loden; un uomo che vuole adottare un bambino a distanza ma non sa quale sia la distanza minima; il genero che per non dover portare la suocera al mare decide di farle rompere il femore da una banda di criminali. E naturalmente l’inventore del gusto puffo – appunto – che come tutti sanno si è portato nella tomba il segreto del suo famosissimo gelato.