Gestione degli aiuti europei, si punta sul Comitato Affari Ue. Conte delega il ministro Amendola per il coordinamento. Dentro pure Di Maio e Gualtieri: decisioni collegiali

Non è stato solo solo il famigerato Mes a infiammare il dibattito politico in questi ultimi giorni. È bastato il riferimento del premier Giuseppe Conte ad una Task Force per la gestione dei 209 miliardi di aiuti europei in arrivo per innescare nuove fibrillazioni, sia nella maggioranza che nell’opposizione. Da più parti sono fioccate mozioni (ad auspicarla la corrente di ex renziani del Pd, capitanati dal ministro Lorenzo Guerini, depositata poi a palazzo Madama dal capogruppo Andrea Marcucci, che si è fatto portavoce dei malumori dei senatori Pd) e richieste di una commissione bicamerale che decidesse l’indirizzo politico delle riforme da fare (invocata da Forza Italia). A inserirsi nel dibattito e stato ieri anche il presidente della Camera, il pentastellato Roberto Fico: “E’ chiaro che il Parlamento deve dare delle priorità. E io credo che ci sarà anche un voto. Certamente questo sarà compatibile con la task force annunciata da Conte, nel senso che il Parlamento fa il suo con un atto di indirizzo. La prima task force degli italiani è il Parlamento”.  Le parole della più alta carica di Montecitorio hanno subito trovato il plauso del segretario  dem Nicola Zingaretti: “L’opposizione va coinvolta”, mentre continua  a polemizzare il partito degli azzurri, laconico il commento della capogruppo di FI al Senato Anna Maria Bernini: “Per il momento le Camere sono dependance del governo”. Un pressing per coinvolgere il Parlamento che in ogni caso pare abbia dato i suoi frutti anche dalle parti del Movimento 5 Stelle, da cui  arriva una disponibilità rispetto all’idea di una sorta di comitato/cabina di regia in seno a Palazzo Chigi per mettere appunto il Piano nazionale di rilancio e resilienza da portare ai tavoli europei ma a condizione che ci sia “massima condivisione” sulle decisioni prese e “purché sia un arricchimento e non sottragga spazio al Parlamento”. Integrare e non sostituire il Parlamento, dunque, senza entrare in collisione con Palazzo Chigi ed o minare la necessità di velocizzare la redazione del Piano di riforme e investimenti da presentare a Bruxelles entro ottobre è il mood di queste ore. L’ipotesi che sta seriamente prendendo piede è quella di ricorrere al Ciae, ovvero il Comitato Interministeriale Affari Europei per gestire le risorse in arrivo col Recovery fund. Nessuna task force da costruire ex novo ma una struttura già esistente, senza la necessità di un decreto per essere avviata; nelle scorse ore si era ventilata anche l’ipotesi di Strategia Italia, ma alla fine la scelta è caduta sul Comitato istituito da Mario Monti nel 2012. Sarà presieduto dal premier affiancato nel ruolo operativo di coordinatore dei lavori dal Il ministro per gli Affari europei Enzo Amendola, che sì è distinto  nelle lunghe e faticose notti del negoziato di Bruxelles durante il Consiglio europeo. Di fatto il Ciae è una sorta di Consiglio dei ministri per le questioni europee e Amendola avrà la delega a convocare e presiedere l’organismo.  Al tavolo, in quanto ministro degli Esteri, siederà anche Di Maio e ovviamente colui che detiene i cordoni della borsa, il titolare dell’Economia Gualtieri. A integrare i lavori sulla programmazione dei progetti, infine, ci saranno i “Ctv”, i comitati tecnici di valutazione. Nessuna task force di tecnici esterni al governo, dunque, come tanti, a partire da Renzi, temevano e per garantire la rappresentanza degli enti territoriali vi sarà anche la partecipazione di regioni e comuni Potranno infatti partecipare alle riunioni anche il presidente della Conferenza delle regioni, dell’Associazione nazionale dei comuni italiani e dell’Unione delle province d’Italia quando verranno trattate materie di loro competenza.