Giallo sulla salma restituita da Hamas: Netanyahu convoca il governo e crescono le richieste di “distruzione” di Hamas

La bara consegnata da Hamas conteneva resti di un ostagggio già restituito, accusa l'istituto forense di Tel Aviv. Netanyahu furioso

Giallo sulla salma restituita da Hamas: Netanyahu convoca il governo e crescono le richieste di “distruzione” di Hamas

Un nuovo capitolo del conflitto israelo-palestinese si apre sul terreno del dolore e dell’indignazione: la bara consegnata ieri da Hamas alle autorità israeliane contiene i resti di un ostaggio il cui corpo, secondo le verifiche forensi, era già stato riportato in patria per la sepoltura. La scoperta — confermata dall’istituto forense Abu Kabir di Tel Aviv — ha innescato accuse incrociate, tensioni politiche e la convocazione d’urgenza del governo da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu.

Secondo il Times of Israel, l’analisi effettuata ad Abu Kabir avrebbe stabilito che i resti non appartengono a nessuno dei 13 ostaggi ancora trattenuti nella Striscia di Gaza. La circostanza ha sollevato immediatamente sospetti gravi sulla buona fede del gruppo palestinese e sulla veridicità delle restituzioni concordate durante le fasi più recenti dell’accordo di cessate il fuoco.

A rafforzare il sospetto di una messa in scena sono le testimonianze raccolte tra i riservisti dell’IDF nella parte orientale di Gaza City: secondo Channel 12 e la Radio dell’Esercito, membri di Hamas avrebbero eseguito lavori di scavo, estratto un corpo da un edificio vicino, collocato la salma in una buca già predisposta, ricoperto il tutto e poi chiamato la Croce Rossa per assistere allo “scavo”. La Radio dell’Esercito sostiene che l’intero episodio sia stato ripreso da un drone militare; l’IDF al momento non ha rilasciato commenti ufficiali sul video.

Giallo sulla salma restituita da Hamas: Netanyahu convoca il governo e crescono le richieste di “distruzione” di Hamas

La notizia ha provocato reazioni politiche immediate e durissime. I ministri di estrema destra hanno chiesto mano ferma e ritorsioni pesanti. Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale, ha dichiarato che “il fatto che Hamas continui a giocare e non trasferisca immediatamente tutti i corpi dei nostri caduti è di per sé la prova che l’organizzazione terroristica è ancora in piedi”, aggiungendo che “non abbiamo più bisogno di estrarre un prezzo: dobbiamo distruggerla completamente, una volta per tutte“. Sulla stessa linea il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che ha scritto a Netanyahu chiedendo “una discussione per formulare un pacchetto di risposte energiche e determinate e per garantire la nostra adesione all’obiettivo centrale della guerra: la distruzione di Hamas e la rimozione della minaccia proveniente da Gaza verso i cittadini di Israele”.

Critiche e pressioni sono arrivate anche da forze politiche moderate: Benny Gantz, leader di Blu e Bianco, ha sottolineato su X che “le violazioni di Hamas non possono rimanere senza una risposta dura, altrimenti non avremmo fatto nulla e saremmo tornati al 6 ottobre”, evocando la gravità di un mancato atto politico di risposta.

Netanyahu convoca il governo per decidere come rispondere alle ultime provocazioni di Hamas

Di fronte alla situazione, Netanyahu ha deciso di convocare una riunione urgente del governo per valutare le possibili contromisure. Tra le opzioni allo studio, secondo i media israeliani, c’è l’estensione della cosiddetta “linea gialla” sotto il controllo delle Forze di difesa israeliane — misura che comporterebbe un ulteriore allargamento delle zone di operazione dell’IDF nella Striscia di Gaza. La convocazione della cabina di regia riflette l’obiettivo di Gerusalemme di calibrare una risposta che sia allo stesso tempo politica, militare e simbolica, in un contesto in cui ogni decisione ha ripercussioni immediate sulla già fragile tregua e suscita preoccupazione internazionale.

Il caso della bara insomma solleva domande e dubbi più che legittimi sulla volontà di Hamas di mantenere viva la fragile tregua. Una vicenda preoccupante che tiene il mondo con il fiato sospeso visto che nelle famiglie degli ostaggi e nell’opinione pubblica israeliana il senso di smarrimento e rabbia rischia di alimentare una escalation che molti temono.

Mentre la diplomazia internazionale osserva, in Israele cresce la pressione per risposte dure. Le parole dei ministri e la decisione di convocare il governo mostrano che la questione non è solo giudiziaria: è diventata un banco di prova politico, con conseguenze potenzialmente decisive per la prosecuzione della campagna militare e per la possibilità di future mediazioni.