Eh no, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, non è riuscito per nulla a convincere il Movimento Cinque Stelle rispetto all’aumento delle spese militari al 5 per cento (3,5 più 1,5).
“Questo è stato oggettivamente il question time più imbarazzante che abbia mai visto. E un po’, sono sincero, mi è quasi dispiaciuto per Giorgetti. In difficoltà non ha saputo rispondere; forse anche lui si è reso conto della follia fatta in ambito Nato con il 5%”, ha affermato il capogruppo M5S al Senato, Stefano Patuanelli, che al question time al ministro dell’Economia aveva chiesto come l’Italia intenda ottemperare agli obiettivi Nato presi dal governo.
Patuanelli smaschera il ministro sulle spese che comporta l’obiettivo Nato del 5%
“Ricordo che l’1,5 più il 3,5 per cento, rispetto all’attuale, ci costringerebbe a una spesa aggiuntiva di 445 miliardi in dieci anni. Ma, se anche ci fermassimo al 3,5, significherebbe, mettendo lo 0,15 di Pil in più ogni anno, spendere 222,5 miliardi in più in dieci anni”, ha argomentato Patuanelli.
Secondo cui si sono due possibilità. La prima è che si tratti di un artificio contabile, “ma allora non ci saranno più difesa e più sicurezza, perché, se sono già spese che facciamo, non ci sarà più sicurezza e non ci sarà più difesa”.
La seconda è che invece si tratti di spese aggiuntive. “Mi chiedo allora – ha insistito il pentastellato – come nel bilancio dello Stato, dove non si trovano 6 milioni di euro per garantire uno screening tumorale alle donne di questo Paese, troveremo invece 220 miliardi per armi e sicurezza”.
Giorgetti non mente perché non risponde
Giorgetti ha replicato confermando le dichiarazioni della premier Giorgia Meloni, nel senso che l’Italia intende partecipare, dato l’attuale contesto geopolitico, all’aumento della capacità di difesa che l’Europa in qualche modo deve affrontare, anche tenuto conto del progressivo disimpegno annunciato dagli Stati Uniti.
“Gli impegni assunti durante il vertice Nato del 24 e 25 giugno scorso, per un aumento delle spese di difesa entro il 2035, sono sicuramente un obiettivo molto ambizioso”, ha detto Giorgetti, assicurando che “il governo non è comunque disposto a mettere in discussione la salvaguardia delle voci di spesa più orientate alla crescita e al benessere economico e sociale degli italiani, come il sostegno alle famiglie e ai servizi sociali”.
E che il Parlamento, in occasione della prossima legge di bilancio, poi ovviamente dirà la sua su come orientare nei nostri documenti contabili per soddisfare questi tipi di impegni.
Il ministro: spese per la difesa coinvolgano le imprese italiane
Il ministro ha spiegato che la spesa riguarda un concetto di sicurezza “più ampio di quella che può essere ricondotta al solo armamento, come concepito comunemente”. E ha detto che questo “sforzo deve coinvolgere anche la dimensione dell’offerta, in particolare dell’industria italiana, che, rispetto a una dinamica di mercato che inevitabilmente è già partita (piaccia o no), dovrebbe partecipare in termini di offerta da parte dei nostri campioni nazionali in questo settore (tipicamente Leonardo e Fincantieri). Tutto questo per avere un ritorno anche in termini di occupazione, derivanti da questo tipo di tendenza. Altrimenti andremo a beneficiare semplicemente altri Paesi in Europa o addirittura fuori dall’Europa”.
La replica di Patuanelli: il governo scarica su chi verrà dopo spese per oltre 220 miliardi se non 445 in dieci anni
Se avesse dovuto rispondere puntualmente all’interrogazione, ha replicato Patuanelli, il ministro avrebbe dovuto mentire dicendo che non toccheremo le parti di bilancio che servono al Paese oppure avrebbe detto la verità sul 3,5. “Lasciamo perdere l’1,5, dove metterete dentro il Ponte sullo Stretto di Messina, la diga foranea di Genova; queste buffonate che non hanno alcun senso”.
E ancora: “Anche per raggiungere l’1, 5 le dico solo un dato. Nel 2035 il PIL atteso è di 2.907 miliardi; il 2 per cento sarebbe pari a 58,1 miliardi di euro di investimenti in spesa militare. Se arriviamo al 3,5 sono 101 miliardi, con un incremento di 42 miliardi di euro nel 2035. Questa è l’eredità che lasciate ai Governi futuri. Questo è il vero dato. Come emerge anche dalla sua non risposta”.