Giornata dei diritti umani: il fallimento dell’universalismo tra guerre, frontiere e disuguaglianze

Settantasette anni dopo la Dichiarazione universale, i dati mostrano un mondo che restringe i diritti mentre continua a proclamarli

Giornata dei diritti umani: il fallimento dell’universalismo tra guerre, frontiere e disuguaglianze

Giornata mondiale dei diritti umani. Come stanno i diritti umani? Male. Settantasette anni dopo il 10 dicembre 1948 la distanza fra la Dichiarazione universale e il mondo reale è sotto i nostri occhi. La Dichiarazione nata al Trocadero per impedire il ritorno dell’arbitrio statale sopravvive nei discorsi ufficiali, certo. Ma guerre, frontiere, disuguaglianze e carceri mostrano quanto l’universalismo del 1948 sia stato eroso da vent’anni di emergenza permanente inaugurata dopo l’11 settembre.

La Dichiarazione davanti al mondo che arretra

L’articolo 3 garantisce il diritto alla vita e alla sicurezza. Nei rapporti 2024-2025 Amnesty International documenta a Gaza bombardamenti su aree densamente abitate, blocchi deliberati di acqua, cibo e carburante, ostacoli all’accesso umanitario. Human Rights Watch denuncia doppi standard nelle reazioni delle potenze occidentali fra Ucraina e Palestina. In Sudan e in Ucraina l’Onu registra milioni di sfollati, attacchi contro infrastrutture civili, torture ai prigionieri, deportazioni forzate. Il diritto alla vita, che avrebbe dovuto essere il punto fermo del sistema, è oggi esposto alle scelte militari e geopolitiche degli Stati.

L’articolo 14 riconosce il diritto d’asilo. L’accordo tra Italia e Albania inaugura centri extraterritoriali concepiti per trattenere e selezionare i richiedenti asilo fuori dal territorio nazionale. Nel 2024, secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, almeno 2.452 persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo; i dati Unhcr indicano che circa una persona ogni 120 che tenta la traversata perde la vita, uno dei tassi più alti degli ultimi anni. Il mare rimane una frontiera in cui la possibilità di sopravvivere dipende dall’ampiezza del soccorso.

Anche i diritti economici e sociali restano incompiuti: nel 2024, secondo l’Inail, i morti sul lavoro sono stati 1.090, in aumento rispetto all’anno precedente, e l’Osservatorio Placido Rizzotto stima almeno 200 mila lavoratori irregolari nel settore agroalimentare.

Il test italiano nella crisi dell’universalismo

L’Italia è diventata uno specchio interno del declino europeo. Le carceri hanno superato un tasso reale di sovraffollamento del 130%: secondo il XXI rapporto di Antigone, considerando i posti effettivi il dato si attesta al 133%, con circa 16 mila persone senza un posto regolamentare. Nel 2024 i suicidi in carcere sono stati 91, il numero più alto da quando esistono le serie statistiche del Ministero della Giustizia. Celle sovraffollate e un ricorso massiccio alla custodia cautelare rendono fragile la presunzione di innocenza. Il nuovo reato di «rivolta penitenziaria», inserito nel pacchetto sicurezza, consolida una risposta punitiva a una crisi prodotta anche dall’inerzia istituzionale.

E alle frontiere? Il naufragio del 17 giugno 2024 al largo della Calabria, con decine di vittime fra cui molti bambini, è diventato la fotografia di un sistema che accetta un certo numero di morti pur di ridurre gli arrivi. L’apertura dei centri in Albania conferma l’idea di una protezione «a distanza», più preoccupata di contenere i flussi che di garantire il diritto d’asilo. La criminalizzazione delle ONG riduce la presenza in mare proprio di quegli attori che potrebbero salvare vite.

La violenza contro le donne mostra lo scarto fra l’articolo 1, che proclama l’uguaglianza in dignità, e la realtà. Secondo il Servizio Analisi Criminale, nel 2024 sono state uccise 113 donne, 99 delle quali in ambito familiare o affettivo; in 61 casi l’autore è stato il partner o l’ex partner. Il Comitato Cedaw dell’Onu denuncia ancora ritardi nell’adozione di una definizione di stupro basata sul consenso e ostacoli nell’accesso alla giustizia.

La libertà di informazione è un ulteriore stress test. Il monitoraggio del Media Freedom Rapid Response ha registrato per l’Italia, nel biennio che arriva al 2024, oltre novanta episodi di minacce, aggressioni, querele temerarie e interferenze politiche ai danni di giornalisti e redazioni. Organizzazioni internazionali parlano di erosione dell’indipendenza dei media pubblici e di crescente pressione sui cronisti. L’uso della forza contro studenti che manifestavano a Pisa nel febbraio 2024 chiude simbolicamente il cerchio: il diritto di protesta, nucleo degli articoli 19 e 20, viene messo alla prova mentre la crisi internazionale richiederebbe un dibattito più aperto.

La promessa che sopravvive nelle fratture

Hannah Arendt ricordava che la perdita dello spazio politico in cui i diritti si esercitano rende ogni diritto vulnerabile. La condizione degli sfollati, dei migranti trattenuti in zone grigie, dei detenuti senza reali possibilità di difesa testimonia l’attualità di questa analisi. Oggi la Dichiarazione universale continua a essere pronunciata come fondamento identitario, ma la sua forza normativa si regge soprattutto nelle zone in cui società civile, familiari delle vittime, Ong e difensori dei diritti documentano ciò che gli Stati trascurano. È in quelle crepe che la promessa del 1948 resiste ancora. Ma la distanza tra quell’orizzonte e il presente fotografa un mondo che si definisce attraverso i diritti mentre restringe lo spazio in cui essi possono davvero valere. C’è poco da festeggiare, molto ancora da lottare.