Gli ultimi complicati giorni della libertà di stampa in Italia

Un cronista per ore in Questura, la protesta Rai e il carcere per i giornalisti sognato dalla maggioranza: la libertà di stampa in crisi.

Gli ultimi complicati giorni della libertà di stampa in Italia

“Un’altra ferita all’articolo 21 della Costituzione e alla libertà di stampa”. Non usano perifrasi il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli e la segretaria generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, Alessandra Costante in merito alla vicenda del collaboratore de Il Mattino di Padova Edoardo Fioretto che venerdì si trovava a Palazzo Zabarella, a Padova insieme agli attivisti di Ultima generazione che avevano annunciato un’azione dimostrativa. Il cronista è stato trattenuto in Questura per quattro ore senza sapere quale fosse la motivazione, gli è stato impedito di comunicare con i legali del giornale e non ha potuto usare il suo telefono. Alle 20 è stato rilasciato senza nessun verbale di contestazione. 

“Come giustificazione non si può accettare quella del mero errore. – scrivono oggi Cnog e Fnsi – La vicenda di Edoardo Fioretto ricorda troppo da vicino un altro caso: a Messina, all’inizio di novembre, un altro giornalista che stava documentando le azioni di Ultima Generazione era stato fermato e portato in questura, sottoposto a perquisizione e trattenuto alcune ore”. Bartoli e Costante hanno chiesto un incontro urgente al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per chiedere “garanzie che il diritto di cronaca venga sempre garantito, anche dalle forze dell’Ordine”. 

Gli ultimi complicati giorni della libertà di stampa in Italia

Negli stessi giorni sempre in Veneto, a Venezia, alla televisione di Stato è stato impedito di riprendere il dissenso. Come racconta l’associazione per la libertà di stampa Articolo 21 la troupe Rai aveva pensato di poter documentare una protesta organizzata da un comitato per il diritto alla casa in Comune, “un posto dove il sindaco ha dato ordine di issare la bandiera israeliana nonostante la protesta dopo le stragi di Gaza. Il comitato aveva osato alzare la voce contro la politica del Comune – spiega Articolo 21 – che non sta aiutando le famiglie a restare in città, gioiosamente trasformata in un divertimentificio a uso dei turisti. Quando la troupe si è avvicinata per filmare un gruppo di funzionari di polizia si è avvicinato impedendo il lavoro dei giornalisti”. 

È di pochi giorni fa anche la protesta dei giornalisti Rai. Con un comunicato letto alla fine delle edizioni serali di Tg1, Tg2 e Tg3, le redazioni delle testate Rai hanno espresso il proprio punto di vista contro una “maggioranza di governo ha deciso di trasformare la Rai nel proprio megafono”, come recita il comunicato UsiGrai, che contesta le nuove norme sulla par condicio volute dal governo.  “Questa non è la nostra idea di servizio pubblico, – ha scritto Usigrai – dove al centro c’è il lavoro delle giornaliste e dei giornalisti che fanno domande (anche scomode) verificano quanto viene detto, fanno notare incongruenze. Per questo gentili telespettatori vi informiamo che siamo pronti a mobilitarci per garantire a voi un’informazione indipendente, equilibrata e plurale”. 

Due giorni fa le condizioni della stampa in Italia sono finite anche in apertura del sito Reporters sans frontières che ha dedicato l’apertura del sito al “Divieto di esercitare la professione di giornalista” in Italia a causa dell’ultima proposta di elevare sanzioni pesanti nei casi di contestata diffamazione con un emendamento del meloniano Berrino che prevede addirittura il carcere. La Federazione europea dei giornalisti (Efj) ha parlato di “una deriva orwelliana particolarmente pericolosa, che ricorda i tempi bui dell’Italia fascista”. Oggi Fratelli d’Italia ha dichiarato di voler ritirare gli emendamenti. Ma il segnale è chiaro. Questi sono solo gli ultimi giorni, questa è l’aria greve che si respira.