Nella notte, a sud di Creta, la flotta è stata circondata e colpita da droni: esplosioni in serie, interferenze radio, polveri urticanti. Almeno undici imbarcazioni danneggiate, nessun ferito grave, equipaggi in assetto di sicurezza. È il terzo attacco in poche settimane: la Spectre ha registrato un bagliore netto in mare alle 1.43. La missione ribadisce che proseguirà la rotta verso Gaza.
La politica italiana, travolta dai fatti, ha dovuto finalmente esporsi. Guido Crosetto, dopo essersi coordinato con lo Stato Maggiore, ha ordinato alla Marina di dirottare la fregata Fasan nell’area: «assistenza ai cittadini italiani», «condanna più dura» per gli attacchi. È una svolta rispetto ai giorni delle cautele e dei “vedremo”: quando la cronaca bussa con il metallo dei droni, l’ambiguità non regge.
Antonio Tajani ha chiesto a Israele «tutela» e «rispetto del diritto internazionale» per chi è a bordo. Giorgia Meloni, che fin qui aveva bollato la traversata come inutile e simbolica, è costretta a inseguire: parla di responsabilità altrui, ma la sola irresponsabilità oggi è quella di chi continua a finanziare e coprire un genocidio. La Flotilla non è una bravata: è un promemoria di legalità sul mare aperto.
Intanto, a Gaza, il conto delle ultime 24 ore è l’ennesima ferita aperta: almeno 37 morti aggiunti alla cifra mostruosa che ha superato i 65 mila, ospedali al collasso, corridoi trasformati in reparti. Il mondo discute, le cancellerie sfumano, ma nelle corsie restano bambini senza analgesici e feriti senza ossigeno. È a loro che guardano le barche colpite stanotte. Ed è su di loro che si misurano verità e menzogne della politica.