Diario di bordo, giorno uno. La Global Sumud Flottilla lascia Barcellona e Genova con viveri, medici, delegazioni da 44 Paesi su una ventina di barche. Appena l’orizzonte si apre, arrivano le ritorsioni annunciate: il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir promette che gli attivisti «saranno trattati come terroristi». Non una figura retorica: carceri speciali, condizioni punitive, sequestro delle imbarcazioni. La minaccia è un programma politico dichiarato.
Dalla Spagna arriva la postura che in Europa dovrebbe essere normale e che invece fa notizia: il ministro degli Esteri José Manuel Albares annuncia «tutta la protezione diplomatica» per i cittadini imbarcati e mette sul tavolo in Ue embargo sulle armi a Israele, sospensione dell’accordo di associazione e nuove sanzioni contro i coloni violenti. La legge internazionale non è un’opinione, ricorda.
Che cosa fa l’Italia? Balbetta. Le richieste di tutela arrivano da parlamentari di opposizione; il Pd parla di minacce «da rispedire al mittente», Più Europa chiede sostegno diplomatico, Conte domanda alla premier se intenda difendere i connazionali e quando si deciderà a prendere le distanze dalle parole di Ben-Gvir. Dal governo, silenzio operativo: un vuoto che pesa come una scelta.
La portavoce in Italia Maria Elena Delia ricorda che Global Sumud Flottilla opera nella totale legalità. La politica di domani dirà chi, tra Stati membri, ha difeso i suoi cittadini e il diritto internazionale. La Spagna alza la testa. L’Italia, come troppo spesso accade, la china. E quando si china la testa in mare, si rischia di ingoiare acqua.