Graviano punta ancora il dito sul Cav. Ha tradito anche Dell’Utri. Il capomafia: da Berlusconi leggi contro il suo senatore. E sarebbe indebitato tutt’ora con Cosa Nostra

Dopo vent’anni di assoluto silenzio, il boss Giuseppe Graviano si è deciso a parlare. Anzi di straparlare con continue dichiarazioni nel corso del processo ‘Ndrangheta stragista, davanti alla Corte d’Assise di Reggio Calabria, che spesso lasciano interdetti e che fanno pensare a messaggi cifrati rivolti a chissà chi. È successo nell’udienza del 7 febbraio quando ha raccontato dei suoi incontri, durante il suo periodo di latitanza, con Silvio Berlusconi, ed è tornato a farlo ieri puntando il dito ancora una volta nei confronti del Cavaliere. Questa volta le accuse del boss delle stragi del ’92 e del ’93, in questo procedimento accusato dell’omicidio di due carabinieri, riguardano presunti debiti contratti e mai ripagati dal leader di Forza Italia con Cosa Nostra e del suo tradimento ai danni di Marcello Dell’Utri.

SOLDI E PUGNALATE. Come avviene ormai da tre udienze, dall’accusa è stato chiesto conto al pluricondannato di alcuni colloqui intercettati durante l’ora d’aria, nel carcere di Ascoli Piceno, con il camorrista Umberto Adinolfi. Domande per le quali Madre Natura, questo il soprannome del boss, non si è tirato indietro spiegando: “Avevo chiesto al mio compagno dell’ora d’aria, Adinolfi, di avvicinare persone vicine a Berlusconi per ricordargli il suo debito. Doveva rispettare i patti”. Quali è presto detto: “C’erano soldi che mio nonno gli aveva consegnato, all’inizio degli anni Settanta, e si era stabilita la percentuale del 20 per cento da allora in poi”. Denari, sempre secondo lui, che non sarebbero mai rientrati.

“Io non volevo fare brutta figura con l’impegno di mio nonno verso quelle persone a Palermo che avevano partecipato all’investimento” ha precisato l’uomo salvo poi, come spesso accade durante le sue deposizioni, fare in parte marcia indietro: “A mio cugino Salvatore arrivavano di tanto in tanto dei soldi: 500 milioni di lire, 300 milioni. E lui li investiva, a Palermo e in altre parti d’Italia. Aveva dato 600 milioni per comprare dei magazzini, affare che poi non si concretizzò. E investì nell’Iti caffè”. In questo mare di frasi spezzate a metà, dichiarazioni roboanti e probabili messaggi criptici, il boss di Brancaccio ha spiegato che il Cavaliere non guarda in faccia a nessuno. Dell’Utri, giudicato dalla Cassazione come il garante del patto di ferro tra Berlusconi e Cosa Nostra, sostanzialmente sarebbe stato usato e dopo scaricato. “Dell’Utri è stato condannato solo fino al 1992, poi non hanno creduto a Spatuzza” e così “Berlusconi ha tradito anche lui”. Come? “Facendo leggi che hanno danneggiato anche il signor Dell’Utri e tutti i detenuti al 41 bis”.

AUTO ASSOLUZIONE. Graviano è un fiume in piena e così, parlando delle stragi per le quali è stato condannato all’ergastolo, ha spiegato: “Non ho fatto le stragi, sono innocente”. Ho una dignità, una serietà, non dico bugie”. Ma c’è di più perché secondo lui “sono state fatte leggi incostituzionali, perché la corte costituzionale le sta dichiarando tali” riferendosi a “quelle fatte per non farci uscire dal carcere, dopo che ci hanno accusato delle stragi”.