Grillo impone la linea dura, Gambaro verso l’espulsione

di Vittorio Pezzuto

Ormai al guerrigliero Grillo tocca pure subire l’onta dello schiaffo del soldato. Non passa giorno che la sua leadership, indebolita dal fragoroso tracollo elettorale, non risulti ulteriormente logorata per effetto delle sue stesse sortite parossistiche. La mattinata dell’ex comico è iniziata ieri con la lettura della fredda analisi sul suo declino politico stilata dal Financial Times. È pur vero che da noi vale il riflesso provinciale di accreditare la stampa straniera (che pochissimi italiani leggono) di chissà quale autorevolezza, soprattutto se i suoi occasionali giudizi possono essere sbattuti in faccia all’avversario politico. Fatta questa doverosa tara, va però ricordato come proprio Grillo abbia sempre scelto gli organi di informazione stranieri come interlocutori privilegiati se non unici, costringendo alla rincorsa i giornaloni nostrani. È quindi una notizia che il quotidiano inglese abbia senza tanti fronzoli spiegato ai suoi lettori che il movimento pentastellato «mostra segni di frammentazione e calo di popolarità», dovuto anche «all’immagine maldestra dei suoi parlamentari, che sono tutti dei novizi». Ne consegue che «le ambasciate straniere in Italia, che hanno ampiamente fallito nelle prevedere il successo dei 5 Stelle, ora sono meno preoccupate in vista del voto per le Europee del 2014, avendo temuto che si potesse affermare in Italia una maggioranza euroscettica». Quanto al recente voto amministrativo, il movimento paga la scelta di «non aver accettato le aperture del Pd» e la débâcle elettorale col fatto che «gli elettori del centro-sinistra che avevano votato per Grillo sono tornati all’ovile, mentre quelli di centro-destra hanno scelto di stare lontani dai seggi».

Toni crepuscolari
Un’analisi tanto semplice quanto corretta che non sembra aver smosso le sue convinzioni, a giudicare dal post che di lì a poco ha pubblicato sul suo blog. Correndo veloci sulla tastiera, le sue dita hanno composto un appello agli italiani dai toni accorati: «Fate sentire più forte la vostra voce o l’Italia sarà perduta. Non potete credere che io, con l’aiuto di una srl e con un pugno di ragazzi in Parlamento, possa combattere da solo contro la partitocrazia, la massoneria, il sistema bancario, la BCE, la criminalità organizzata, contro tutti i media. Senza di voi, vinceranno loro».
Che l’ex comico tema di essere giunto quasi al capolinea della sua avventura politica lo si intuisce dai toni crepuscolari dei paragrafi successivi, che richiamano alla mente i discorsi dei condottieri poco prima dell’ultima, decisiva battaglia: «La vostra voce è fondamentale, tiratela fuori nei bar, nei taxi, al lavoro, negli studi televisivi, in rete, nei tribunali. Ovunque ci sia qualcuno da informare, una verità da gridare. Stampate volantini, diffondeteli, fate banchetti, tenete comizi anche di fronte a poche persone. Non abbassate mai la testa. Nessuno di questi predatori impuniti e dei loro lacchè nei media vi può dare lezioni. Loro sono la causa dello sfascio. La realtà è intorno a voi: raccontatela! Nessuno verrà a salvarvi se non cercherete di salvarvi da soli. Ognuno di voi è importante. Io ho una voce sola».

Cartucce umide
Grillo capisce che il terreno su cui poggia il suo Movimento è ormai esposto a un impercettibile bradisismo: anche i pochi giornalisti ‘amici’ firmano pezzi di prudente critica nei suoi confronti e soprattutto tacciono i vip della canzone e della cultura che fino a ieri – da buoni campioni della sinistra critica e movimentista – trovavano piuttosto figo ammettere di averlo votato. Nel Paese in cui tutti fanno a botte per salire sul carro del vincitore di turno, le 5 stelle non sono insomma più trendy come una volta.
Nel pomeriggio si rifugia così in nuove invettive contro il sindaco di Firenze («Torna a casa Renzie») e la tv di Stato («La Rai va scissa con un taglio netto dai partiti, come un nodo gordiano. È la prima responsabile del coma assistito in cui versa il Paese. Di Matrix a pagamento ne abbiamo pieni i coglioni»). Ma si tratta di cartucce umide. A fare notizia è piuttosto l’annuncio del processo che i parlamentari pentastellati imbastiranno lunedì a carico della senatrice Adele Gambaro, colpevole di lesa maestà. Una procedura che non convince il deputato Tommaso Curro: «Ritengo che un senatore ha il diritto ma anche il dovere di esprimere un dissenso, una critica. Quanto a Grillo, non voglio dire cosa sta sbagliando. Posso dire cosa farei io: userei più il dialogo, cercherei di avere toni meno offensivi, meno esagerati quando si fa riferimento al Parlamento, è un’istituzione importante del Paese». Aggiunge di lì a poco il senatore Gianni Girotto: «Visto che non siamo una setta ma un movimento democratico è normale che ci sia diversità di opinioni. Io non credo al tutto bianco o tutto nero, ci sono mille sfumatore di grigio. Lo ‘scandalo’ sarebbe che la pensassimo tutti allo stesso modo». A Grillo non resta che abbozzare: sa bene che molti altri condividono queste opinioni. Il rito dello schiaffo del soldato rischia di durare ancora per un pezzo.