Hamas apre al congelamento delle armi in cambio di pace duratura con Israele. Ma Netanyahu li gela e ribadisce che non c’è alternativa al disarmo totale

Khaled Meshaal rilancia la proposta di congelare le armi di Hamas, senza disarmo totale, nell’ambito della tregua mediata dagli USA

Hamas apre al congelamento delle armi in cambio di pace duratura con Israele. Ma Netanyahu li gela e ribadisce che non c’è alternativa al disarmo totale

Davanti alla tregua nella Striscia di Gaza che sempre più a rischio a causa delle difficoltà nel dare il via alla fase 2 del piano di pace di Trump, non può che essere accolta con favore la proposta di Hamas che apre all’immagazzinemento in un luogo sicuro – ma non alla totale rinuncia – del proprio arsenale bellico. In un’intervista ad Al-Jazeera, Khaled Meshaal ha confermato che il movimento islamista è disposto a valutare un “congelamento” delle armi in cambio di una pace duratura con Israele.

Lo stesso però ha precisato che un disarmo totale rimane fuori discussione perché impedirebbe, in caso di attacchi o violazioni della tregua da parte di Israele, di garantire la sicurezza e l’esistenza stessa del popolo palestinese. L’idea, ha spiegato il leader eal’estero di Hamas nel corso dell’intervista, non è quella di consegnare gli arsenali, ma di metterli all’interno di alcuni magazzzini, strettamente controllati da organismi internazionali, così da fornire un “compromesso accettabile” sia per il movimento palestinese che per lo Stato ebraico.

Del resto, secondo Meshaal, “rinunciare alle armi equivarrebbe a privare i palestinesi del loro diritto alla difesa”, un punto che Hamas considera identitario e irrinuciabile. Quel che è certo è che la proposta arriva mentre è ancora in vigore il cessate il fuoco del 10 ottobre, l’accordo in tre fasi elaborato sotto la guida di Washington per fermare la guerra esplosa dopo l’attacco del 7 ottobre 2023, e che, però, è in stallo a causa delle posizioni inconciliabili tra i miliziani e le autorità di Tel Aviv. Nel piano americano è prevista anche una forza internazionale di stabilizzazione: Hamas si dice disponibile ad accettare osservatori lungo il confine, ma respinge qualsiasi presenza armata dentro la Striscia, che considera una forma di occupazione mascherata.

Hamas apre al congelamento delle armi in cambio di pace duratura con Israele. Ma Netanyahu li gela e ribadisce che non c’è alternativa al disarmo totale

Sul fronte israeliano, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha lasciato intendere che la transizione verso la seconda fase della tregua potrebbe avviarsi presto, anche grazie alla recente consegna delle spoglie dell’ultimo agente di polizia israeliano ancora mancante negli scambi. Questa fase prevede il ritiro di parte delle truppe israeliane da Gaza e la loro eventuale sostituzione con una forza internazionale, passo che per Israele deve essere necessariamente accompagnato da un disarmo effettivo di Hamas.

È su questo punto che le distanze restano più profonde. Tel Aviv considera imprescindibile lo smantellamento completo delle capacità militari del movimento, mentre Hamas lega qualsiasi gesto sul fronte degli armamenti a garanzie politiche di lungo periodo, dalla sicurezza alla prospettiva di uno Stato palestinese funzionante. La trattativa si sposta così su un terreno ancora più complesso, dove sicurezza, riconoscimento politico e gestione del territorio si intrecciano con la questione — mai risolta — del controllo delle armi.