Domenica e lunedì si vota per i referendum su lavoro e cittadinanza. Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 Stelle, perché è importante andare a votare?
“È fondamentale recarsi in massa ai seggi per dire 4 sì: contro i licenziamenti illegittimi, per innalzare le tutele dei lavoratori delle piccole imprese, per porre fine all’abuso dei contratti a termine e per più sicurezza sul lavoro. Non sprechiamo questa occasione: restare a casa significa lasciare che siano altri a decidere per noi. In un Paese privo del salario minimo, che questo governo non vuole, e dove oltre 2 milioni di giovani hanno un contratto precario serve una grande mobilitazione popolare. Per questo trovo vergognoso il messaggio di astensione arrivato da Giorgia Meloni”.
Perché sul quesito riguardante la cittadinanza ha più dubbi?
“Come M5S lasciamo libertà di coscienza. Personalmente voterò sì, ma ritengo che dimezzare così gli anni necessari per acquisire la cittadinanza, senza un reale percorso di integrazione, non sia la soluzione. Per noi la strada migliore è lo Ius scholae: per questo, a inizio legislatura abbiamo ripresentato la proposta di legge che lega l’acquisizione della cittadinanza al compimento di un intero ciclo di studi per quei bambini nati o arrivati in Italia entro i 12 anni d’età”.
Invece, sul lavoro perché voterete con convinzione quattro Sì?
“È l’occasione per iniziare a costruire un nuovo mercato del lavoro, che affronti le tante sfide che abbiamo davanti a iniziare dall’Intelligenza artificiale. Bisogna cambiare radicalmente lo status quo, che vede al centro la sfrenata ricerca del profitto a scapito dei diritti e della dignità dei lavoratori. Il Jobs Act si è inserito nel solco delle peggiori leggi sul lavoro varate dagli Anni ’90, alimentando la fake news secondo cui una maggiore flessibilità determina una crescita dell’occupazione: tutti gli studi in materia dicono il contrario. Una norma che ha sdoganato i licenziamenti illegittimi e alimentato la precarietà, già rottamata dalla Corte costituzionale e che ora possiamo mandare definitivamente in soffitta. Non solo. Si vota anche per garantire più sicurezza sul lavoro: in un Paese in cui la giungla di appalti e subappalti impazza e dove muoiono ogni giorno 3 persone, voltarsi dall’altra parte significa essere complici di questo sistema”.
Proprio sui temi del lavoro avete trovato convergenze soprattutto con Pd e Avs, come avvenuto sul salario minimo. Si può ripartire da qui per costruire un vero campo progressista?
“Le politiche del lavoro sono nostre battaglie prioritarie: con i miei governi abbiamo introdotto il taglio del cuneo fiscale e le causali contro il precariato selvaggio. Non siamo riusciti a ottenere il sufficiente consenso con le altre forze politiche sul salario minimo legale, ma finalmente ora abbiamo con noi anche le altre forze di opposizione. Nuovi obiettivi sono il congedo di paternità e la riduzione del tempo di lavoro a parità di salario. Su progetti seri e credibili per tutelare fasce fragili o poco garantite noi siamo sempre in prima fila. Il nostro primario obiettivo è costruire un’alternativa forte e chiara al governo della Meloni. Lavoriamo per costruire politiche economiche e sociali completamente diverse da quelle di un governo incapace che sta affossando l’Italia, lo facciamo ogni giorno sui territori e in Parlamento con costanza, umiltà e coerenza. Lavoriamo per rafforzare il campo alternativo ma non ci piacciono le formule astratte: vogliamo misurarci sulle proposte concrete, quelle che servono ai cittadini”.
Tornando ai referendum, l’obiettivo è raggiungere il quorum, una sfida molto complicata. Crede davvero che sia possibile farcela? Teme che la scelta del governo di votare insieme ai ballottaggi e non al primo turno delle comunali renda impossibile questa impresa?
“Auspico una partecipazione massiccia dei cittadini, a cui dico: andate a votare. È però evidente come, con questa decisione, il governo abbia scelto deliberatamente di sabotare i referendum. Meloni e i suoi hanno paura che domenica e lunedì i cittadini vadano a votare”.
Una sfida resa ancora più complicata dai media che hanno quasi oscurato il voto dell’8 e 9 giugno: è venuto a mancare il diritto fondamentale di essere informati per i cittadini?
“In un Paese normale, su questi quesiti si sarebbe aperto un dibattito pubblico. Invece il sistema mediatico ha deciso di oscurarli. La copertura offerta dalla Rai, dal servizio pubblico, è stata largamente insoddisfacente. Di questo e molto altro avremmo voluto discutere nella sede preposta, ossia la Commissione di Vigilanza Rai, che però da ben 7 mesi è completamente bloccata, tenuta in ostaggio dai partiti di maggioranza. Un danno al Parlamento e alla democrazia che non smetteremo di denunciare”.
I quesiti sul lavoro hanno fatto emergere tutte le contraddizioni del Pd, che il Jobs Act l’ha approvato quando era al governo: quello di oggi è davvero un partito diverso o anche questi referendum, con i distinguo dei riformisti, dimostrano che nulla è cambiato tra i dem?
“Non è mia usanza entrare nelle dinamiche interne delle altre forze politiche. Parlo per il M5S che, su questi temi, come sul salario minimo, ha sempre mantenuto una posizione solida”.
A destra si sono ripetuti gli inviti a non votare, compresi quelli di alte cariche dello Stato. Non una novità assoluta, ma lo ritiene un segnale preoccupante per la partecipazione dei cittadini al processo democratico?
“I messaggi per l’astensione del presidente del Senato La Russa e della premier Meloni, quest’ultimo arrivato peraltro nel giorno simbolo di un Paese che proprio grazie a un referendum scelse la Repubblica, sono vergognosi e rappresentano tutta l’incoerenza di questa destra di finti patrioti. Ricordo che nel 2014, quando fu approvato il Jobs Act, Giorgia Meloni lo definì testualmente ‘carta da pizza’, oggi invece fa spallucce davanti a milioni di italiani che arrancano per il carovita e il caro energia fuori controllo, proprio lei che ha messo la firma su un Patto di stabilità franco-tedesco che è una iattura per l’Italia e che sta alimentando la pericolosa corsa al riarmo che colpirà crescita e spesa sociale. Ma questa è solo una delle tante giravolte della Meloni, che dice che andrà a votare per il referendum e poi invece non ritira la scheda, è la stessa che diceva che avrebbe tagliato le tasse e invece ha aumentato la pressione fiscale”.
Non vede contraddizioni tra il non voto e la posizione di Forza Italia sulla cittadinanza?
“Mi viene in mente quel proverbio che dice ‘can che abbaia non morde’. Il partito di Tajani ha sin qui votato acriticamente tutti i provvedimenti che il governo ha calato dall’alto, abusando di decreti legge e voti di fiducia. Provvedimenti che, più che liberali, in taluni casi – come l’ultimo decreto Sicurezza – sono repressivi e liberticidi. Il ministro degli Esteri dice di essere a favore dello Ius scholae? Bene, allora lo aspettiamo in Parlamento per votare la nostra proposta. Il resto sono chiacchiere”.