I boss in fuga ora sono due

di Monica Tagliapietra

Alcuni non riesce a catturarli e altri se li fa scappare sotto il naso. Lo Stato è in affanno davanti ai boss. Domenico Cutrì è riuscito a evadere facendo assaltare dai suoi il blindato su cui era trasportato. Saverio “Saro” Mammoliti ha semplicemente alzato i tacchi e fatto perdere le sue tracce dopo essere stato messo ai domiciliari. La malavita ha ormai alzato il tiro, sfida apertamente le istituzioni, e lo Stato resta chiuso in difesa, continuando ad accusare colpi e facendo difficoltà a reagire. Il risultato è che pericolosi criminali sono alla macchia, con buona pace di tutti quei cittadini contribuenti che si svenano per pagare le tasse e vorrebbero almeno vedersi garantire un minimo di sicurezza.

L’altra fuga

 

Il boss pentito Saverio Mammoliti, capo della cosca di Oppido Mamertina, si è dato alla latitanza dopo una condanna a 13 anni e mezzo di reclusione, per estorsione aggravata dalle modalità mafiose. Era stato arrestato due anni fa, accusato di aver tentato di impedire alla coop di Libera Terra Valle del Marro di acquisire terreni confiscati, ma aveva poi ottenuto i domiciliari in una località protetta. Quando i carabinieri di Tivoli, il 29 gennaio scorso, sono andati ad eseguire il provvedimento non lo hanno trovato.  Mammoliti, esponente della ‘ndrangheta, doveva essere controllato e protetto. Non ha invece avuto problemi a far perdere le sue tracce. Non ha avuto difficoltà a pentirsi, ottenere benefici e poi scappare, sfidando così lo Stato.

 

Caccia all’uomo

Ancor più aperta la provocazione lanciata da Domenico Cutrì, che lunedì scorso è  evaso da Gallarate, in provincia di Varese, dopo che i suoi hanno attaccato il blindato con cui la polizia lo stava trasportando in tribunale. Un assalto finito con due feriti e la morte del fratello del boss, il 30enne Antonino. Ora gli investigatori di mezza Italia stanno cercando di catturare Cutrì, ma se difficile è arrivare a un arresto, ancor più ardua è la cattura di un criminale riuscito a tornare in libertà dopo essere finito dietro le sbarre. La Citroen C3 nera usata dai malviventi è stata ritrovata dai carabinieri in un parcheggio vicino all’ospedale di Magenta. Recuperata poi una Nissan utilizzata sempre dal commando. Anche quel mezzo era stato rapinato ed è stato abbandonato nei pressi del tribunale di Busto Arsizio, con a bordo diverse armi e proiettili.  Il pm Raffaella Zappatini, titolare dell’indagine, ha sentito la madre e anche altri familiari dell’ergastolano evaso e la zona è piena di posti di blocco. Cutrì era stato condannato all’ergastolo per un omicidio compiuto in provincia di Novara, nel 2006. Ora è una belva ferita è libera e ancor più pericolosa.

Nuovo fronte

Le evasioni dei boss calabresi vanno a unirsi alle minacce dei capi di Cosa Nostra in un’unica nuova e grande offensiva rivolta alla magistratura e alle istituzioni in generale. Si uniscono a Totò Riina che, nonostante sia al 41 bis, continui a lanciare messaggi all’esterno e a minacciare di morte i pm di Palermo. Senza contare che Matteo Messina Denaro, ancora uccel di bosco, è artefice da mesi di pesanti intimidazioni ai danni dei magistrati di Trapani. Dopo la stagione stragista del ’92-’93, le mafie sono tornate ad alzare la testa. A modo loro. Minacciando e sparando.