I danni più gravi dell’emergenza idrica? All’agricoltura. L’Anbi: servono nuovi invasi per 20 miliardi

La riduzione della pressione idrica annunciata dall’Acea non coglie di sorpresa. Nonostante l’attenzione mediatica allentata nelle scorse settimane l’emergenza idrica che ha caratterizzato questa estate non è diminuita. I grandi laghi del Nord sono tutti sotto le medie stagionali e stanno avvicinandosi ai minimi storici (Iseo: 15% della capacità; Garda: 20,8%; Como: 20%; Maggiore: 25,5% della capacità); al Sud sono soprattutto Calabria e Basilicata ad evidenziare un calo del 40% nelle scorte idriche, trattenute nei principali invasi. Una sitazione accanto alla quale l’Anbi – l’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica – evidenzia un altro dato: la gestione irrigua avrà un costo molto alto che molte colture non potranno sostenere, visti gli insufficienti prezzi riconosciuti dal mercato.
Secondo gli esperti, quello attuale è il secondo anno più caldo del Pianeta dal 1880 e suoli si stanno essiccando anche a livello profondo con danni significativi per la sostanza organica e la fertilità dei terreni agricoli. “La pressione sulle risorse idriche è massima in tutto il mondo  –  ha spiegato Francesco Vincenzi, Presidente dell’Anbi, secondo cui una possibile risposta è nella creazione di nuovi invasi. Per questo l’Anbi ha presentato, d’intesa con la Struttura di Missione #italiasicura, un piano ventennale per la realizzazione di 2.000 nuovi bacini, grazie ad un investimento di 20 miliardi di euro.