Da una parte ci sono i dati, che mostrano ancora una volta quanto costi alle imprese italiane essersi piegati ai dazi di Donald Trump. Dall’altra c’è un video secondo cui la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, starebbe cercando di trattare direttamente con il presidente degli Stati Uniti proprio sulle tariffe. Una posizione smentita da Palazzo Chigi, ma che dimostra come pure negli Usa l’impressione è che il governo italiano punti a scavalcare l’Ue e inseguire, ancora una volta, Trump. Nonostante, secondo le stime del Centro studi di Confindustria, le tariffe imposte dall’inquilino della Casa Bianca costino alle imprese 16,5 miliardi di minor export.
Un video condiviso da Trump diventa un caso
Ma andiamo con ordine. A tenere banco nelle ultime ore è stato il video dell’attivista Maga, Lynne Patton. Filmato rilanciato anche da Trump, che definisce la posizione del governo Meloni una “ottima mossa”. Ma qual è questa posizione? Secondo quanto riportato nel video, l’Italia starebbe cercando un accordo separato con gli Usa sui dazi. Il che sarebbe, nei fatti, una sfida all’Ue, che ha la competenza di trattare sul tema del commercio. Peraltro, questo posizionamento italiano andrebbe di pari passo con il ridimensionamento degli aiuti di Roma all’Ucraina. Il che seguirebbe anche la dottrina Trump, che negli ultimi tempi è più vicino a Vladimir Putin che a Volodymyr Zelensky.
Le polemiche interne dopo la pubblicazione del video hanno portato Palazzo Chigi a smentire il filmato: “Le trattative commerciali sono guidate dalla Commissione, trattandosi di competenza esclusiva dell’Unione”, fanno sapere fonti della presidenza del Consiglio. Fin qui si parla dei dazi al 15% imposti da Trump a tutta l’Ue, dopo l’accordo siglato con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Diverso, spiega Palazzo Chigi, è il discorso relativo ai dazi antidumping prospettati dagli Stati Uniti nei confronti di produttori italiani di pasta (al 107%): in quel caso, spiegano queste fonti, è “da tempo avviata un’interlocuzione bilaterale, che affianca l’azione della Commissione”.
Anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha smentito il video, spiegando che l’Italia ha “sempre lavorato con l’Ue” e grazie all’Italia “si è potuto fare qualche importante passo in avanti” per le trattative sui dazi. Prova a far rientrare lo scontro anche Bruxelles, con un portavoce della Commissione che assicura che l’esecutivo comunitario “lavora in stretto coordinamento con il governo italiano”. Sul punto chiede chiarimenti il Pd, con la capogruppo alla Camera, Chiara Braga, che vuole sapere se il governo sta negoziando direttamente con gli Usa e se vuole davvero ridimensionare il supporto all’Ucraina: “Meloni non può far finta di nulla, deve chiarire da che parte sta l’Italia e se è destinata a essere l’avamposto di Trump per rompere il fronte europeo”. Incalza anche il capogruppo dem al Senato, Francesco Boccia, chiedendo se “quanto detto da Trump corrisponde al vero” e chiedendo “parole chiare” sul caso.
L’allarme di Confindustria: i dazi costano alle imprese italiane 16,5 miliardi
Al di là delle trattative, il problema dei dazi c’è e gli effetti delle tariffe imposte da Trump iniziano a presentare il conto. Non solo con i dati Istat che hanno già mostrato il calo di oltre il 21% delle vendite verso gli Stati Uniti ad agosto. Ora a fornire un quadro più chiaro sulle conseguenze dei dai è la Congiuntura flash di Confindustria: nel medio periodo le tariffe potrebbero ridurre le vendite italiane negli Usa di circa 16,5 miliardi, pari al 2,7% dell’export totale. L’impatto sarà maggiore per alcuni settori centrali del manifatturiero, come autoveicoli (il comparto più colpito), alimentari e bevande, macchinari, pelli e calzature. Insomma, un bel colpo al Made in Italy che il governo dice di voler difendere, tanto da avergli dedicato un apposito ministero.
Inoltre le perdite sono persino maggiori rispetto a quelle stimate da Confindustria se consideriamo anche gli effetti indiretti, lungo le catene di produzione europee. L’impatto complessivo raggiungerebbe così il -3,8% dell’export manifatturiero e il -1,8% della produzione. Inoltre, nel lungo periodo, il rischio è l’incentivo a rilocalizzare alcune produzioni nel mercato Usa, con ulteriori conseguenze per la produzione in Italia e pure per i lavoratori del nostro Paese. In generale, i dazi si collocano in un quadro in cui continua la sofferenza dell’industria, mentre le tariffe stesse e il dollaro svalutato “continuano a erodere l’export, mentre il risparmio precauzionale frena i consumi”.
In conclusione, come sottolinea il responsabile Economia del Pd, Antonio Misiani, l’export “verso gli Stati Uniti sta crollando”, “mettendo in ginocchio settori chiave del nostro manifatturiero”. Ma di fronte a questo, “il governo resta immobile”. Mentre i 25 miliardi promessi da Meloni alle imprese per affrontare i dazi sono scomparsi.