I “duri” dal tempismo perfetto

di Maurizio Grosso

Guarda caso proprio nel periodo in cui si scatena lo shopping natalizio. E guarda caso proprio in un momento in cui, sebbene tra mille difficoltà, qualche risposta dal mondo della politica è arrivata al settore dell’autotrasporto. Eppure proprio da questo settore, con sigle a dir poco polverizzate sul territorio, è arrivata l’ondata di proteste “antisistema” che sta paralizzando decine di città italiane. Il tutto, naturalmente, con un danno economico enorme, impossibile da quantificare. Del resto la protesta è ancora in atto, e soltanto nei prossimi giorni si potrà cominciare a fare qualche conto in più. Di sicuro in tutta questa manifestazione, dietro alla quale si muovono i vari movimenti dei Forconi siciliani, degli artigiani veneti, degli autotrasportatori e degli allevatori di mezza Italia, c’è qualcosa di strumentale. Basta guardare alla genesi della protesta, per rendersene conto. L’insofferenza è infatti iniziata in occasione della legge di stabilità, quando con una piccola norma si pensò di negare agli autotrasportatori la possibilità di effettuare alcune compensazioni fiscali. Norma che, però, è stata successivamente ritirata, con palese soddisfazione di tutte le principali sigle del settore.

La frammentazione
Non della miriade di gruppuscoli, però, che adesso stanno animando i movimenti di questi giorni. Certo, al loro interno c’è una consistente rappresentanza di autotrasportatori (come l’Associazione italiana trasportatori e il Movimento autonomo autotrasportatori), ma spuntano fuori anche sigle che con il cuore della protesta non hanno nulla a che fare. Ci sono infatti comitati ambientali, di agricoltori e di allevatori. Cosa c’entrano con la protesta, poi rientrata, dell’autotrasporto? Per carità, molti osservatori dicono che quando si protesta in generale per il bene del Paese non bisogna stare lì a distinguere l’estrazione geografica o settoriale di chi protesta. Ma qui c’è dell’altro, e non ci vuole molto per capirlo.

La fase
Non si può negare, infatti, che la tempistica della protesta non sia proprio casuale. Siamo in pieno periodo natalizio, quello in cui le famiglie, con i pochi risparmi rimasti a disposizione, cercano di fare qualche regalo. Per quanto in difficoltà, i consumi degli italiani in un certo senso si rimettono in movimento. Agire in questo contesto, bloccando strade dove transitano le merci e ostruendo gli accessi a centri commerciali e supermercati, difficilmente potrebbe non essere inquadrato in una strategia precisa. Ieri a Torino, una delle città più colpite, tanto per dirne una, sono stati ostacolati a più riprese gli ingressi all’interno di strutture come Pam, Esselunga, Auchan, Carrefour e Ipercoop. Si tratta di gruppi della grande distribuzione, dietro ai quali spesso ci sono i colossi esteri. Bersagli facili per chi in queste ore sta cercando di mettersi in mostra, magari gestito da qualche “manina” esterna. Non è la prima volta che manifestazioni di questo tipo si svolgono, e non è la prima volta che diversi osservatori avanzano sospetti di eventuali infiltrazioni criminali, di gruppi di estrema destra e di estrema sinistra. L’altro indizio di un’operazione ad elevato contenuto strumentale è dato dalla frammentazione di queste rappresentanze. Accanto ai Forconi siciliani, infatti, si sono mossi ambienti imprenditoriali vicini all’indipendentismo veneto, movimenti guidati da piccoli leader che hanno anche tentato la fortuna politica in elezioni andate male, ambientalisti, contadini, pastori e allevatori (per il dettaglio vedi l’articolo a fianco). Un movimento così eterogeneo da non garantire affatto l’impermeabilità a infiltrazioni criminali. Negli anni scorsi c’è stato anche chi ha fatto capire che questo rischio era particolarmente ampio, come l’allora presidente di Confidustria Sicilia Ivan Lo Bello. Un’eventualità che purtroppo nessuno è in grado di scartare. E che proprio per questo ha fatto scattare l’allerta presso il ministero dell’interno guidato da Angelino Alfano.