di Filippo Conti
Nel Pdl continuano a volare gli stracci ma il manifesto dei dissidenti per ora è congelato. Come lo è la formazione di nuovi gruppi parlamentari. La guerra fredda tra dissidenti filogovernativi e lealisti berlusconiani, dunque, continua senza sosta. A colpi di conta interna e dichiarazioni. Ieri, tanto per gradire, l’evento clou è stata la conferenza stampa dei cinque ministri del Pdl a Palazzo Chigi. Nella sede del governo, si badi bene, e non a Montecitorio. Perché anche i luoghi in questa guerra non dichiarata hanno la loro importanza. L’incontro con i giornalisti ha avuto inizio solo alle 16, dopo un rinvio di un paio d’ore causa sortita a Lampedusa di Angelino Alfano. Preceduto però da un fuoco di fila andato avanti per tutto il giorno da parte dei falchi: «Occorre un azzeramento delle cariche e un congresso. Bisogna ripartire dalla leadership di Berlusconi» hanno ripetuto in ordine sparso Polverini, Ravetto, Rotondi, Prestigiacomo, Carfagna, Gelmini, Bergamini, Santanché, Bernini e molti altri. Sposando tutti la linea di Raffaele Fitto in una sorta di conta interna realizzata a colpi di dichiarazioni sulle agenzie. «Avete visto quanti erano?» chiedeva soddisfatto lo stesso Fitto ai cronisti nel cortile di Montecitorio quando ormai era buio.
L’ex governatore pugliese nel pomeriggio ha parlato al telefono con Berlusconi ricevendo i complimenti per la sua uscita di domenica ma anche l’invito a non alzare troppo i toni e a lavorare per l’unità del partito. Dopo la sua intervista al Corriere – operazione ideata da Denis Verdini – è diventato lui il punto di riferimento dei lealisti. Che, paradossalmente, proprio per questo potrebbero aumentare. Se prima, infatti, qualcuno si teneva a distanza per l’antipatia verso Daniela Santanché, adesso il più moderato Fitto potrebbe esercitare una notevole capacità di attrazione del consenso. Intendiamoci, il Cavaliere non lo ama, specie da quando ha perso in Puglia con Vendola. Ma a Berlusconi in questo momento una figura da contrapporre ad Alfano fa gioco all’insegna del divide et impera.La batteria di fuoco contro i ministri è continuata anche durante la conferenza stampa. «Non capisco proprio il senso di questa paradossale iniziativa. Stanno rivendicando l’azione del governo e dimenticano completamente il dramma di Berlusconi», puntava il dito Sandro Bondi. «Noi lavoriamo per l’unità del partito. Vogliamo abbassare i toni e non agitare polemiche. Auspichiamo che tutti facciano lo stesso» rispondeva Alfano. Che poi svicolava alle domande più spinose, lasciando però intendere di non voler lasciare la guida del partito. «Azzeramento delle cariche? Non è all’ordine del giorno ma ne discuteremo insieme» rispondeva ai giornalisti.
Si allarga il solco
Il dato politico, però, è che i ministri rivendicano con forza la loro scelta di dare la fiducia al governo, rimarcando così la distanza con chi invece era per farlo cadere. «Noi siamo alternativi alla sinistra ma in questo momento dobbiamo lavorare insieme per il bene del Paese» afferma Maurizio Lupi. «Tutti gli operatori economici ci chiedono stabilità» sottolinea Nunzia De Girolamo. Mentre di fronte alla possibilità che le larghe intese portino alla formazione di una forza neocentrista, Gaetano Quagliariello se la cava con una battuta («Sono sei mesi che lavoro a una riforma istituzionale contro il neocentrismo»), ribadendo la necessità di agganciare la riforma dello Stato a quella della giustizia. La direzione, però, resta quella. Da una parte un pezzo di Pdl che guarda al centro, a Casini e Monti e al Ppe, e che non demonizza le larghe intese. Dall’altra i berlusconiani di ferro, pronti a ricostruire Forza Italia in ottica bipolare. Ieri, però, il manifesto programmatico dei governativi è stato stoppato. Fitto si dice «disposto a tutto» per continuare la sua sfida per la leadership. «Andrò fino in fondo» promette. Insomma, la conta è iniziata e ognuno cerca di portare il più possibile di acqua (ovvero parlamentari) al suo mulino. Renato Brunetta, intanto, non perde occasione per far parlare di sé. Tornato governativo, in tarda mattinata con un sms ha “ordinato” ai deputati pidiellini di essere tutti presenti all’incontro con i ministri. Gli hanno obbedito in pochissimi. E lui? Assente non giustificato.