I Ristori concedono il bis. Nuovo decreto da 2 miliardi in dirittura d’arrivo. Rush finale sugli aiuti ai settori colpiti dalle nuove restrizioni. Per adesso senza nuovi scostamenti di bilancio

Il governo mette il piede sull’acceleratore per il decreto ristori bis da collegare alle chiusure che saranno previste con il nuovo dpcm anti-Covid. Il nuovo provvedimento potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri già giovedì o al più tardi venerdì. E dovrebbe aggirarsi sul miliardo e mezzo-due miliardi. Al momento non è previsto il ricorso a un nuovo scostamento di bilancio che ha bisogno dell’autorizzazione del Parlamento e quindi di tempo per diventare operativo e poter essere utilizzato. Invece ora si punta a dare aiuti in tempi rapidi. Ma se sarà necessario, in un secondo tempo, si farà nuovo deficit. Anche perché i ristori saranno calcolati sull’incrocio tra nuove categorie interessate e differenziazione territoriale. In ogni caso, e in considerazione di possibili spostamenti di regioni da una fascia all’altra a seconda dell’evoluzione della pandemia, il governo mette in cantiere la possibilità di un futuro scostamento.

DEFICIT EVENTUALE. La Camera, con la risoluzione di maggioranza approvata al termine dell’informativa del premier, ha chiesto, del resto, esplicitamente di “valutare l’opportunità di un nuovo ricorso all’indebitamento” per garantire protezione del lavoro e aiuti a tutti i settori interessati. “Stiamo lavorando a un nuovo decreto ristori. Cercheremo di aprire un confronto anche con le forze d’opposizione, in maniera preventiva e anche nel percorso di discussione parlamentare”, ha annunciato il viceministro dell’Economia, Antonio Misiani. “Anche questa volta il Dpcm sarà accompagnato da un decreto legge che dispone ristori per le aziende e le filiere che subiranno limitazioni alle loro attività. Ci stiamo già lavorando e sarà pronto a breve”, ha dichiarato la viceministra all’Economia Laura Castelli (nella foto).

Il leghista Matteo Salvini attacca: “Se vuoi un decreto lo approvi in un giorno, se lo condividi prima. Ma questi stanno già pensando di fare un altro decreto Ristori perché hanno sbagliato il primo, così non si può lavorare”. Secondo la leader di FdI Giorgia Meloni “uno Stato serio ragionerebbe su un rimborso legato alla contrazione di fatturato”. Al di là del pressing della maggioranza (“è necessario subito un ulteriore scostamento di bilancio di circa 10 miliardi”, dichiara il deputato di Leu Stefano Fassina) per ora al Mef non si pensa a un nuovo scostamento: il nuovo intervento verrebbe finanziato dai risparmi cui sarà possibile attingere. Innanzitutto da quelli che si potranno ricavare dalle spese già autorizzate per il 2020 e dai risparmi della Cig. Ma soprattutto si potrà utilizzare il margine ancora disponibile a valere sul deficit, pari a circa 0,1 punti di Pil.

CIFRE IMPORTANTI. Il limite autorizzato di scostamento a valere sull’indebitamento netto è attualmente pari al 10,8% in base a quanto previsto dalla Nadef. Il primo decreto Ristori ha utilizzato risparmi da misure precedentemente varate dal governo, facendo risalire il deficit/Pil dal 10,5%, atteso dal Documento programmatico di bilancio (Dpb), al 10,7%. Resta, quindi, ancora un margine utilizzabile fino al 10,8% di deficit/Pil (circa 1,6-1,7 miliardi). Il decreto ristori bis estenderà alle nuove attività chiuse in seguito al nuovo Dpcm (come commercio in regioni a rischio alto o parrucchieri nelle ‘zone rosse’ a rischio massimo) gli aiuti già previsti con il decreto ristori rafforzando la percentuale di ristoro.

Ci saranno quindi contributi a fondo perduto con lo stesso meccanismo automatico e bonifici in due settimane (ed entro metà dicembre per chi dovrà fare domanda), ma anche la cancellazione per le attività coinvolte della seconda rata Imu, il credito d’imposta per gli affitti e la sospensione del versamento dei contributi. Si starebbe studiando anche un meccanismo per aiutare in automatico, senza bisogno di nuovi decreti, la eventuale chiusura di esercizi commerciali di regioni che dovessero salire di categoria in futuro. Un’altra soluzione su cui si sta ragionando è anche l’ampliamento dell’elenco dei codici Ateco includendo alcune attività economiche che non hanno accesso al momento al decreto ristori.