I russi pronti a entrare a Kiev. L’Europa a Versailles si è già lavata le mani sull’Ucraina. E Draghi che parla di successo sembra il ministro russo che nega l’invasione

Mentre la Russia prepara l’assalto finale a Kiev, a Versailles i leader europei non prendono una sola decisione contro Putin.

Dal gas russo alla proposta di un Recovery plan bis – una sorta di Recovery di guerra – i capi di Stato e di Governo dei 27, presente anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, riuniti nei saloni della reggia di Versailles, si dividono e prendono tempo. Una sorta di mezzo flop, tutto questo mentre i russi sono pronti ad entrare a Kiev (qui tutti gli articoli). Che rende ancora di più incomprensibile e paradossale l’affermazione del nostro premier. Nel corso della conferenza stampa (qui il video), al termine del Consiglio europeo informale, Mario Draghi ci dice che il vertice “è stato un successo, raramente ho visto l’Ue così compatta”.

Mentre la Russia prepara l’assalto finale a Kiev, a Versailles i leader europei non prendono una sola decisione per costringere Putin a fermare i carri armati

Eppure il primo a manifestare delusione per com’è andato il vertice è proprio il presidente dell’Ucraina. “Rafforzeremo ulteriormente i nostri legami e approfondiremo la nostra partnership per sostenere l’Ucraina nel perseguire il suo percorso europeo. L’Ucraina appartiene alla nostra famiglia europea”, hanno dichiarato i leader nel comunicato finale. Ma in sostanza al tavolo hanno confermato che non c’è spazio per un’adesione rapida del Paese.

“Sappiamo cosa hanno detto, chi è intervenuto, chi ci ha sostenuto, chi è stato in silenzio e chi ha cercato di rendere la formulazione insufficiente per l’Ucraina: abbiamo bisogno di più forza. Non è quello che ci aspettiamo”, ha detto amareggiato Vlodymyr Zelensky. Poi c’è il capitolo delle sanzioni. Per cercare di fermare la guerra, l’Europa è pronta a intensificare le ritorsioni contro Mosca. “Abbiamo avuto tre pacchetti di misure. Adesso dovremo andare avanti con un quarto, che isolerà ulteriormente la Russia dal sistema economico globale e aumenterà il costo per Putin dell’invasione dell’Ucraina”, ha detto von der Leyen.

Si va dallo stop alle esportazioni di beni di lusso alla sospensione di Mosca da Fmi e Banca mondiale, passando per la revoca delle condizioni speciali riconosciute al Wto. Il pacchetto verrà ufficializzato oggi. Sul tema sanzioni è intervenuto anche Draghi. “Possono essere anche più pesanti, l’importante è essere consapevoli che hanno un impatto su famiglie e imprese”, ha avvertito. Non siamo in “un’economia di guerra” ancora ma dobbiamo essere preparati, ha aggiunto.

Ma il punto su cui i leader europei si dividono è il settore energia. Finora le sanzioni lo hanno escluso. Ma non tutti sono d’accordo. I baltici e la Polonia sono favorevoli a un embargo sugli idrocarburi russi, con il primo ministro lettone, Arturs Krisjanis Karins, che ha esortato i colleghi a smettere di importare energia russa per riportare Putin al tavolo dei negoziati. La von der Leyen suggerisce un piano per fare completamente a meno degli idrocarburi russi entro il 2027, ma non tutti sono convinti.

E non emerge al momento unità neppure sull’altra proposta arrivata da Bruxelles di ridurre la dipendenza Ue dal gas russo di due terzi entro la fine dell’anno. Su uno stop al gas russo frenano Germania e Italia oltre che l’Ungheria di Viktor Orban. Il cancelliere tedesco lo dice con chiarezza al termine del vertice ai cronisti. Dobbiamo renderci sempre meno dipendenti dagli idrocarburi di Mosca, ha argomentato Olaf Scholz, ma al momento l’Europa non è nelle condizioni di adottare le stesse misure prese dagli Stati Uniti.

“Non fermeremo le importazioni che abbiamo nel campo dell’energia in Europa”, sono state le sue parole. La discussione è comunque soltanto “strategica”, il presidente francese Emmanuel Macron ha già avvertito che per le decisioni in materia di energia se ne parlerà al vertice del 24 e 25 marzo e in materia di difesa a un consiglio straordinario a fine maggio. Da sottofondo alla discussione tra i leader c’è stata la proposta di un Recovery di guerra avanzata da Parigi. Ma anche qui sull’opzione del debito comune non c’è unità di intenti.

L’olandese Mark Rutte e diversi paesi del Nord Europa sono ostili. Germania, Danimarca e Finlandia sottolineano che il piano di rilancio e il bilancio comunitario offrirebbero ancora 500 miliardi di euro di disponibilità senza dover per forza attivare un nuovo strumento. Diversamente, l’idea seduce ltalia e Spagna. “I bisogni finanziari dell’Ue per rispettare gli obiettivi di clima, difesa, energia sono grandi. Secondo i calcoli della Commissione, e assumendo che la mancanza che vogliamo riempire sulla difesa è lo 0,6%, il fabbisogno risulta essere pari a 1,5 o 2 o più trilioni di euro. A livello di bilancio nazionale questo spazio non c’è. Serve una risposta europea”, dice Draghi.