I tecnici della Camera bocciano il dl salva Fuortes

Il dl salva Fuortes varato dal Governo è funzionale alle manovre in Rai. Ma è ad alto rischio di incostituzionalità.

I tecnici della Camera bocciano il dl salva Fuortes

Non erano in pochi a pensare già da tempo che questo sarebbe stato l’epilogo. E anche se ovviamente nulla si può dire prima di una vera e propria pronuncia della Corte costituzionale, il fatto che i tecnici della Camera abbiano detto chiaramente che la norma – ribattezzata dl salva Fuortes – voluta fortemente dal governo per mandare in pensione anticipatamente Stéphane Lissner dal Teatro San Carlo di Napoli, è incostituzionale, la dice lunga sull’affidabilità di quest’esecutivo.

Il dl salva Fuortes varato dal Governo è funzionale alle manovre in Rai. Ma è ad alto rischio di incostituzionalità

Ma facciamo un passo indietro. Secondo il racconto – mai negato – che è stato fatto nei giorni scorsi, è che il governo, non potendo cacciare d’imperio Lissner, ha concepito una norma che spedisce a 70 anni i soprintendenti in pensione. E quanti anni ha il numero uno del San Carlo? Settanta, ovviamente. Tutto questo per liberare un posto di prestigio per Carlo Fuortes. E perché mai? Per convinvere lo stesso ex amministratore delegato Rai a rassegnare le dimissioni di modo da dare avvio alla rivoluzione meloniana in Rai.

E, a riprova di questa ricostruzione, appena dopo l’approvazione della norma in Consiglio dei ministri, Fuortes ha rassegnato le dimissioni, Palazzo Chigi ha nominato nuovo Ad Rai Roberto Sergio che a sua volta ha nominato direttore generale Giampaolo Rossi, e domani 25 maggio si decideranno le nomine dei nuovi direttori di testata e di genere. Tutto, dunque, come da copione.

Se non fosse, però, che sulla norma anti-Lissner da cui tutto è partito ora aleggia lo spettro dell’incostituzionalità. Secondo il Servizio studi della Camera, infatti, il decreto numero 51 del 2023 è come detto incostituzionale. Nulla da dire sulla decisione di vietare il conferimento di incarichi a titolo oneroso nelle fondazioni lirico-sinfoniche fissando un’età massima di 70 anni; pollice verso invece per la norma transitoria che prevede la cessazione anticipata dalla carica a decorrere dal 1° giugno per i sovrintendenti che hanno compiuto il settantesimo anno di età, indipendentemente dalla data di scadenza degli eventuali contratti in corso.

Il Servizio studi, infatti, ricorda un precedente importante: la sentenza n. 15 del 2017 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo un comma del decreto legge 95 del 2012 nel quale, in seguito a un processo di riorganizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, il governo dell’epoca faceva cessare tutti gli incarichi dirigenziali in corso a quella data conferiti a soggetti esterni all’amministrazione. Da mercoledì scorso il decreto è all’esame delle commissioni Affari costituzionale e Bilancio riunite di Montecitorio e il parere del Servizio studi della Camera ha un suo peso. Innanzitutto per le opposizioni che inevitabilmente, al momento dell’approdo del decreto in Aula, porranno la pregiudiziale di costituzionalità.

E forse non è solo una coincidenza che proprio in questi giorni Fuortes ha ribadito che “non ci sono le condizioni” per andare al San Carlo. Chissà, forse l’ex Ad ha subodorato che quel provvedimento potrebbe non avere vita lunga. Nel frattempo, però, dal governo è stato sferrato un nuovo attacco.

Secondo quanto ricostruito da Dagospia, la direzione generale Spettacolo del ministero della Cultura ha avviato un’inchiesta interna per verificare se Lissner, avrebbe aggirato il tetto massimo dello stipendio per i pubblici dipendenti. Questo perché il francese riceverebbe 240mila euro di compenso (il massimo consentito nel pubblico) più il fitto di un lussuoso appartamento di Napoli, per un totale di 36mila euro l’anno, tutti a carico dello Stato.