Ideona di quei geni del Fondo monetario: prelievo del 10% sui ricchi conti correnti

di Vittorio Pezzuto

Chini pensosi sulle scrivanie ingombre di analisi e cifre, lavorando sodo con la calcolatrice ma soprattutto ben al riparo dalle fastidiose conseguenze della crisi (a fine mese lo stipendio è comunque assicurato), i geniali economisti del Fondo Monetario Internazionale hanno partorito l’ideona che dovrebbe salvare la nostra economia. Un box pubblicato a pagina 49 del loro “Fiscal Monitor” di ottobre spiega a noi poveri ignoranti la ricetta ideale per risolvere il problema del debito pubblico che affligge i Paesi dell’Eurozona, riportandolo così ai livelli della fine del 2007: nientemeno che l’applicazione di una patrimoniale una tantum del 10% sulle famiglie più benestanti. Sì, avete proprio letto bene. Devono aver pensato che siccome la proprietà privata è un furto (come sosteneva un certo Pierre-Joseph Proudhon) allora è sacrosanto rapinarne un poco per il bene degli stessi derubati.
Gli anonimi estensori del box sostengono che le condizioni per il successo di questa misura siano «forti» soprattutto se comparate ai «rischi di misure alternative, che comprendono il ripudio del debito pubblico o una sua riduzione attraverso misure inflazionistiche». Entrambi questi provvedimenti avrebbero insomma il difetto imperdonabile di colpire tanto i detentori di bond quanto i non residenti negli Stati aggrediti. Detto in altri termini, peserebbero sulle banche italiane e straniere che detengono titoli di Stato. Ecco perché questi apprendisti stregoni della finanza internazionale ritengono sia di gran lunga preferibile passare al prelievo diretto della ricchezza dei cittadini. Fanno peraltro osservare come questo salasso (una tantum, per carità) non sarebbe nemmeno una novità, visto che operazioni simili sono state attuate in Europa all’indomani dei due conflitti mondiali. Dimenticandosi così di citare la mano malandrina del presidente del Consiglio Giuliano Amato che nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1992 si intrufolò nei conti correnti di tutti gli italiani, sottraendo con destrezza il 6 per mille di tutte le cifre depositate. Gli strateghi della sciccosa Lagarde non dimenticano nemmeno di osservare che questa rapina, «se attuata prima che ci sia la possibilità di sfuggirvi» (magari replicando la coda cipriota davanti ai Bancomat) «e se c’è la convinzione che non verrà mai più ripetuta, non distorce il comportamento dei risparmiatori e può anche essere considerata giusta da alcuni di loro». Della qual cosa ci permettiamo di dubitare alquanto, tenuto conto della sollevazione popolare scattata non appena le indiscrezioni del Wall Street Journal sono state rilanciate in tutta Europa. Tanto da costringere l’Istituto di Washington a una precipitosa retromarcia via Twitter: «Non esiste nessuna proposta/ipotesi/idea Fmi di prelievo forzoso sui conti». Con il portavoce del Fondo che di lì a poco spiegava come il breve box nel “Fiscal Monitor” «riporti semplicemente le discussioni e le esperienze di un prelievo dei capitali una tantum e riporta l’attenzione sui considerevoli rischi al ribasso» che una simile misura potrebbe avere. Tradotto: noi l’idea l’abbiamo lanciata, tocca ai Governi decidere (in gran segreto) se e quando attuarla.