Il bluff della Sicilia. I nove enti locali diventeranno 13 liberi consorzi

di Valeria di Corrado

Non si chiameranno più province, bensì “liberi consorzi”. Cambia il nome, ma non la sostanza. La tanto sbandierata abolizione delle province siciliane in realtà è un bluff.
Si è gridato al miracolo quando martedì l’Assemblea regionale siciliana ha approvato il maxiemendamento con cui vengono sospese le elezioni provinciali fissate in precedenza per il 26 e il 27 maggio, un “antipasto”, appunto, in vista della cancellazione delle province.
Le amministrazioni verranno commissariate ed entro il 31 dicembre di quest’anno saranno sostituite, previa approvazione di una nuova legge, dai liberi consorzi di Comuni. I rappresentanti di queste nuove entità saranno indicati con elezioni di secondo grado. Ovvero non attraverso il voto dei cittadini, ma di quello dei sindaci dei Comuni che a loro volta compongono il Consorzio. “Gli eletti non avranno alcuna indennità – ha assicurato il governatore Rosario Crocetta – il risparmio totale sarà di circa 10 milioni di euro”.

Nulla cambia
Il commissariamento, come ben si sa, significa paralisi dei servizi e soldi spesi a vuoto per un personale inoperoso. Fino alla fine del 2013 i dipendenti provinciali della Sicilia rimarranno con le mani incrociate. E poi, probabilmente, verranno riciclati nei nuovi organismi.
Una vera e propria abolizione delle province dovrebbe infatti determinare la cancellazione dell’ente intermedio e la ripartizione delle sue funzioni e competenze tra i comuni e la regione, con netta prevalenza per queste ultime.
La riforma siciliana, invece, maschera il cambiamento, sostituendo di fatto le 9 province con 12-13 potenziali “liberi consorzi”, che dovranno raggruppare oltre 150 mila abitanti per essere costituiti. Non proprio un esempio di razionalizzazione per accorpamento. Eppure il governatore siciliano l’ha definita una riforma storica: “Si tratta della prima tappa di una rivoluzione importante che riguarda la Sicilia”, ha spiegato Rosario Crocetta dopo l’approvazione del maxiemendamento.

L’impatto mediatico
Se l’intento della riforma fosse il rafforzamento dei comuni, mediante una spinta verso forme associative, il problema sarebbe già risolto, in quanto l’ordinamento locale siciliano prevede già consorzi e unioni di comuni. Invece sembra essere solo un pretesto per attirare l’attenzione dei media e fare un’anticipata campagna elettorale.


A ROMA L’UNICO TAGLIO, UNA STRUTTURA NEL CAOS

di Matteo Valerio

Costretta in un limbo dal quale non sarà facile fuggire. Ridotta all’ordinaria amministrazione del Commissario prefettizio, che appena insediatosi ha aumentato l’imposta sull’Rc auto dal 12,5 al 16%. Più povera in termini di efficienza dei servizi. È l’attuale assetto della Provincia di Roma, che differisce da quello di tutte le altre Province commissariate per un ulteriore motivo: la presenza di Roma Capitale sul suo territorio.
Qual è il destino di Palazzo Valentini? In una situazione di assoluta confusione normativa, sarà proprio questo uno dei possibili terreni di scontro tra il presidente della Regione Nicola Zingaretti e il futuro sindaco di Roma. Soprattutto se costui dovesse essere ancora una volta Gianni Alemanno.

Città metropolitana
Principale motivo del contendere è l’estensione del futuro territorio della città metropolitana: la legge di riordino delle Province prevedeva, per la prima volta in modo chiaro, che il nuovo ente sarebbe coinciso con il territorio di tutti i 121 Comuni della Provincia di Roma. Una versione che andava a dama proprio con i desiderata di Zingaretti. Prima che la norma fosse definitivamente affossata causa fine legislatura, però, Alemanno si era mosso per modificare il testo in modo che la città metropolitana fosse identificata con il solo territorio del Comune di Roma, raccogliendo un primo consenso dal ministro Patroni Griffi.
Il naufragio della norma, però, ha riportato tutto ai blocchi di partenza: l’articolo 23 del decreto Salva Italia, sulla base del quale la Provincia di Roma, con tutte le altre Province in scadenza di consiliatura, è stata commissariata in attesa di quel riordino che ormai non si vede neanche all’orizzonte. Resiste la norma sull’istituzione della città metropolitana, ma senza nessun tipo di specifica su quelle che saranno le funzioni e le dimensioni di questo ente. Unico dato certo, la scadenza del gennaio 2014.
Risultato? “I risparmi stimati con la presenza del Commissario e dei suoi subcommissari – fa notare l’ex assessore al Bilancio della Provincia di Roma Antonio Rosati – consistono in circa 2 milioni all’anno, non certo una cifra che porterà l’ente in Paradiso”.

Paralisi dei servizi
Ma l’effetto più devastante di questa paralisi sine die è costituito da “una generale perdita di efficienza nei servizi forniti dalla Provincia,”. Il tutto a fronte di una gestione che, con la giunta Zingaretti, “era arrivata ad abbattere il debito di 300 milioni, non aveva comprato derivati tossici, pagava i fornitori a 90 giorni e aveva il rating più alto tra tutti gli enti locali italiani”.
Il limbo della Provincia, inoltre, lascia irrisolti problemi non indifferenti: “Chi gestirà – si chiede Rosati – la manutenzione degli edifici scolastici e le scelte sui trasporti, sul commercio, sull’urbanistica?”. Infine, nel momento in cui si dovrà istituire la città metropolitana, torneranno al pettine i nodi dello scontro Alemanno-Zingaretti: il Comune di Roma Capitale non può sciogliersi nel nuovo ente.
Con una città metropolitana che inglobi tutta la provincia di Roma, quindi, il rischio concreto è la creazione di una schiera di Comuni-ciambella, fortemente penalizzati nei rapporti con la Capitale.

DOPPIO INCARICO E IMPEGNO DIMEZZATO PER IL COMMISSARIO CAPITOLINO POSTIGLIONE

Fino a quando le Province non saranno chiuse, qualcuno dovrà pur mandarle avanti. Quando poi vengono commissariate lo spreco di soldi diventa un paradosso e al danno si aggiunge anche la beffa. E’ quello che sta succedendo alla Provincia di Roma e ai suoi 3 mila dipendenti, da tre mesi rimasti senza una guida. La Giunta infatti si è sciolta dopo che il suo presidente Nicola Zingaretti ha deciso di dimettersi dall’incarico per governare la Regione Lazio.
Al suo posto è arrivato (per modo di dire) Umberto Postiglione, prefetto della città di Palermo e ora commissario straordinario della Provincia di Roma.
Ma è lui stesso a dichiarare che non riuscirà a reggere lo stress derivante da questi due impegnativi incarichi, anche perché, come ha spiegato mettendo le mani avanti, “il capoluogo siciliano non è Cuneo, e nemmeno Rieti”. Del resto non possono porre rimedio a tutto i quattro commissari sub-prefettizi di cui l’ufficio si serve, anche perché in molti casi il suo lavoro è insostituibile.

Stipendio moltiplicato per due
Al doppio incarico ricoperto da Postiglione corrisponde naturalmente un doppio stipendio: stando infatti a quanto pubblicato online della Provincia di Roma, al commissario spetta una indennità di 8.505 euro e 47 centesimi lordi al mese.
A questa si aggiunge il lauto stipendio da prefetto di Palermo. Basti pensare che, come stabilito dalla legge per decreto prefettizio al subcommissario vicario Gara Vaccaro spettano oltre 6 mila euro, ad Antonio Colaianni e Giuseppe Maran ne toccano circa 5mila. Di norma il commissariamento di un ente locale dura fino a quando non si torna a votare e si insedia una nuova giunta. Ma questa curiosa situazione si spiega con il caos sopravvenuto dopo le dimissioni del governo Monti che di fatto ha congelato le nomine.

Una confusione di cavilli normativi
Ma ancora più della singolarità della posizione personale di Postiglione, questa vicenda è sintomatica del disordine prodotto dall’incertezza con cui è stata gestita la faccenda delle Province.
La Provincia di Roma, poi, si trova in una condizione particolare. Nel 2014 dovrebbe infatti lasciare il posto all’Area metropolitana ma mancano tuttora i provvedimenti attuativi, come il decreto che fissa i confini geografici del nuovo ente.
Tanto queste norme, che le leggi sulle nomine si potrebbero certo approvare rapidamente, ma di certo ci vorrebbe un parlamento che si rendesse conto di risolvere in fretta questi problemi.