Il bond Rai scatena l’appetito inglese. Collocata per intero la prima emissione obbligazionaria. Restano dubbi sull’applicazione del tetto agli stipendi

Alla fine la Rai ha colloca per intero la prima obbligazione della sua storia. Sul mercato dei bond, l’azienda televisiva di Stato ha piazzato 350 milioni. La richiesta è stata molto superiore, vicina al miliardo e 800 milioni. L’ordine principale – per 80 milioni – è arrivato da un investitore inglese, un asset manager di quelli che per mestiere impiegano gli attivi di bilancio massimizzando gli utili e minimizzando i rischi. Il bond paga una cedola annua dell’1,5%. Attraverso questa operazione, Viale Mazzini rimpiazza il suo storico indebitamento – gravato da tassi di interesse molto alti, fino al 4,5%, e da scadenze ravvicinate – con un indebitamento molto più sopportabile e leggero, come oneri. Il risparmio sarebbe di 6 o 7 milioni l’anno. L’obbligazione – quotata alla Borsa di Dublino – assicura una liquidità che verrà impiegata anche per risanare il cadente patrimonio immobiliare della Rai. L’11 maggio, alla vigilia del road show di presentazione del bond e del suo lancio, la tv pubblica ha ottenuto un rating dall’agenzia Moody’s, che le ha assegnato un confortante Baa3. In un comunicato il direttore generale della Rai rivendica il successo dell’operazione. Ma l’operazione potrebbe consentire al suo successore di sottrarsi all’applicazione del tetto di 240 mila euro agli stipendi. La soglia, infatti, non si applica alle società quotate in borsa e a quelle che emettono titoli negoziati su mercati regolamentati. Sul punto non resta che aspettare.