L’industria calcio in mano a dilettanti allo sbaraglio. Ci vuole un commissario. Il Governo e il Coni non possono far finta di niente

L’Italia è una repubblica fondata sul calcio. E il pallone è la sua religione. Ma il pallone è pure una macchina da soldi. È una delle industrie che muovono più capitali. L’avvento delle televisioni ha portato tanti soldi ai club e ai calciatori. Gli introiti provenienti dai diritti tv restano l’entrata più congrua in bilancio, anche perché gli stadi si vanno sempre più svuotando. La partita si guarda in tv. Sulla pay tv. L’evento si paga. Poi ci sono le coppe, che riempiono di soldi i club che si qualificano. Per una società partecipare alle competizioni internazionali è il toccasana per sopravvivere. Chi non ci riesce rischia di fallire o di vendere i giocatori migliori. Ma chi mette i soldi comanda. E quindi decide su giorni e orari delle partite. I club che hanno un bacino di utenza più elevato fanno cassa, hanno più abbonati e quindi sono trattati meglio. Ormai si gioca ogni giorno della settimana e questo permette anche all’altro padrone del calcio di fare soldi a palate. Le multinazionali del gioco. Si può scommettere sempre e ovunque. Gli allibratori fanno affari d’oro. Ai danni del consumatore del calcio-droga che si vede lievitare i costi per mantenere questa passione-vizio. L’abbonamento alla pay tv (o alle tv visto che i diritti si spacchettano) e le giocate in ricevitoria ti portano via tanti soldi.
Ma i soldi generano corruzione. L’occasione fa l’uomo ladro, figuriamoci il dirigente o il calciatore dilettante che prende lo stipendio con il singhiozzo. Le partite della Lega Pro sono le più soggette a imbrogli di vario genere. La criminalità internazionale manovra quote e partite, servendosi dei malavitosi locali, i quali avvicinano i calciatori delle squadre e li ricattano. Oppure li corrompono affinché il risultato sia malleabile in funzione delle puntate.
Per far fronte a questa falla del sistema un rimedio potrebbe essere togliere dai palinsesti le scommesse sulle partite della Lega Pro, anche se ciò significherebbe punire quei tifosi di tante città importanti le cui squadre giocano nell’ex campionato di C1 e C2.

VERTICI INCAPACI
Come si può affidare a dei dilettanti allo sbaraglio la gestione e il controllo di una tra le prime dieci industrie del Paese che producono ricchezza? Questa domanda ce la poniamo tutti da anni, eppure tutto resta invariato fino al prossimo scandalo. Poi, in concomitanza con le inchieste giudiziarie, l’argomento torna di attualità ma dopo pochi giorni non cambia nulla. E i soliti dilettanti allo sbaraglio restano inamovibili ai vertici. In fondo per assicurarsi questo tipo di potere basta poco: garantirsi i voti dei club medio piccoli, magari promettendo loro uno sponsor o qualche altra fetta di torta in più. I voti in Lega si contano: quello del piccolo club vale quanto quello della Juve. Lotito lo sa bene. È sua la frase: “Nel calcio si fa così: prendi la maggioranza e comandi”. Poco importa se il potere lo prendi facendo pressioni e favori. Tuttavia, come tutti gli eccessi delle religioni anche il calcio è una droga. È l’oppio che acceca i popoli. E chi vende droga si arricchisce ai danni del consumatore.

IL PM FA SPETTACOLO
Ma occhio pure a tutte queste inchieste che spuntano come funghi. Da quando il calcioscommesse è comparso sulla scena, tutta la macchina della giustizia ha spettacolarizzato al massimo il proscenio.
Ricordate gli arresti a bordo campo del 1980? Con le camionette di carabinieri e finanzieri dietro le porte. Come se si fosse trattato di un blitz delle teste di cuoio in un summit di mafiosi e latitanti. Un’altra spettacolarizzazione fu la perquisizione avvenuta a Coverciano durante il ritiro della Nazionale. Ogni pm in cerca di pubblicità trova sempre terreno fertile nel mondo del calcio.