di Gaetano Pedullà
Le carceri italiane sono una vergogna. Dentro non c’è redenzione, ma orrore e oblio. Stipati come sardine tra tossici, malati, violenti, se va bene se ne esce devastati. Gli ultimi Papi, le associazioni umanitarie, partiti politici come i Radicali e già in passato lo stesso Napolitano hanno denunciato in tutti i modi questo scandalo. Si è mosso qualcosa? Niente. Né buonsenso, né pietà, né umanità: quello delle carceri è un problema di chi ci finisce dentro. Con tutti i guai che ci sono, stiamo a pensare pure a chi ha rubato? A chi ha assassinato? A chi spaccia e sporca nel cortile della nostra coscienza? Senza scomodare troppo Cesare Beccaria o Delitto e Castigo di Fedor Dostoevskij (una società civile si misura dalle sue prigioni) anche Grillo e il suo movimento politico sanno bene che i nostri istituti di pena non sono hotel a cinque stelle. Dunque perché alzare barricate proprio quando il Presidente della Repubblica pone con forza – con il suo primo messaggio alle Camere – un problema così tragico? L’odio per Berlusconi e la sola ipotesi che si decida un provvedimento di indulto o amnistia (che potrebbe interessarlo) vale la prosecuzione di un crimine di Stato contro migliaia di detenuti? Se poi facciamo una questione di principio, Napolitano avrebbe potuto affrontare la materia non dalla coda (il sovraffollamento delle galere) ma dalla testa, cioè dal fallimento di una Giustizia che tiene in cella quasi metà dell’intera popolazione carceraria in attesa di giudizio. Una Giustizia che condanna all’inferno senza una sentenza definitiva. Ma qui siamo nell’emergenza. Ogni giorno, ogni ora, migliaia di persone – esseri umani, non bestie – per quanto colpevoli o presunti tali di chissà quali reati, sono torturati in gironi danteschi. Dunque si affronti, per una volta senza pregiudizi, un tema così difficile e doloroso. Chi sbaglia paghi. Ma la politica non faccia l’errore di sbagliare per prima.