La Sveglia

Il caso del piccolo Adam e il peacewashing su Gaza

Il caso del piccolo Adam e il peacewashing su Gaza

Il peacewashing italiano si è buttato a capofitto su Adam, chiamato senza il suo cognome come nelle favole per bambini, sopravvissuto al bombardamento israeliano che ha ucciso i suoi 9 fratelli e anche il padre, Hamdi, morto pochi giorni fa a causa delle ferite.

Lo sbarco in Italia insieme alla madre Alaa al-Najjar, pediatra nello sfacelo umanitario di Gaza, è stato una cerimonia con le fanfare che è rimbalzata su tutti i giornali. Il ragazzo sarà operato all’ospedale Niguarda di Milano. Le interviste si moltiplicano, i retroscena, i racconti straziati e strazianti di chi non ha trovato l’inchiostro per raccontare gli altri 16mila bambini uccisi nella Striscia e i 24mila feriti. “Guardate come siamo bravi che ne abbiamo pescato uno tra tanti e abbiamo deciso di salvarlo” è il sottotesto della narrazione. Hanno accolto il bambino coloro che addirittura avevano messo in dubbio la veridicità di quella strage familiare. Una delle molte e quotidiane di Gaza. Hanno accolto il bambino gli stessi che concordano con il governo israeliano che quelli come Adam li definisce “non umani” e, nella migliore delle ipotesi, “terroristi”.

“Guardate come siamo bravi”, sospirano dal governo gli stessi che continuano a spedire le armi che trucidano i bambini. “Guardate come siamo buoni”, dicono coloro che non alzano un dito per non disturbare Netanyahu. “Guardate come siamo bravi noi italiani”, che nei consessi internazionali ci distinguiamo per vigliaccheria con il nostro governo prono. I giornali che non trovavano lo spazio per scrivere due righe sulla strage continua oggi rovesciano litri di commozione finta, sparpagliata sulle pagine. Questo siamo.