Il divertimento in Lombardia garantito dalla ‘ndrangheta

di Giovanna Tomaselli

Gli appalti dell’Expo di giorno, le discoteche e la movida milanese di notte. Le mani della ‘ndrangheta si espandono in Lombardia. Nel mirino le discoteche, dove il clan calabrese Barbaro-Papalia controllava i servizi di security. Una copertura a tutto tondo che prometteva protezione dalle altre bande criminali, ma anche da possibili problemi con la giustizia. Dieci gli arresti eseguiti dalla Direzione Distrettuale Antimafia. Un’assicurazione pagata a caro prezzo dai gestori dei locali, che venivano ricompensati con vantaggi illeciti. Figura centrale nell’inchiesta è infatti il gestore della società che controllava quattro note discoteche, Silvano Scalmana, già sotto processo per bancarotta fraudolenta. Secondo il gip di Milano, Franco Cantù Rajnoldi, sarebbe stato lo stesso imprenditore a richiedere la protezione della cosca. Un particolare che per il pubblico ministero Paolo Storari conferma quanto già emerso in altre inchieste sui legami tra ‘ndrangheta e imprenditoria in Lombardia: ovvero che sono gli imprenditori a cercare le cosche, e non più viceversa.

I nomi
Nell’ordine di arresto spiccano i nomi di Agostino Catanzariti, accusato per associazione mafiosa, Flavio Scarcella e Antonio Papalia, riferimento per lo spaccio di stupefacenti nei Comuni di Corsico e Buccinasco. In manette anche Michele Grillo, Halil Abderrahim, Giuseppe Massari, Giuseppe Mesiti, Natale Trimboli, Antonio Virgara. L’operazione “platino” così battezzata per via del luogo d’origine del clan, Platì (Rc), ha confermato quello che le forze dell’ordine sospettavano da tempo, e cioè il controllo delle cosche sui servizi di sicurezza di alcune discoteche milanesi. La migliore garanzia per evitare “problemi” all’interno e all’esterno dei locali, ma anche per recuperare i crediti maturati dal traffico della droga che circola abbondantemente tra i più giovani. Un servizio che devolveva parte dei cospicui introiti derivanti da questo giro illecito a sostegno dei componenti dell’organizzazione criminale finiti in carcere.

Trent’anni di terrore
La presenza della ‘ndrangheta in Lombardia e ormai in tutto il nord Italia è una certezza da anni. Le prime indagini sui clan, compresa la potente cosca dei Barbaro-Papalia, risalgono a trent’anni fa, sull’onda delle confessioni del pentito Saverio Morabito. Il gruppo criminale, attivo in particolare nel settore del movimento terra, partendo dalle montagne dell’Aspromonte si è via via esteso fino a mettere solide radici nel territorio lombardo e in particolare nell’area sud di Milano e nei comuni di Buccinasco, Corsico e Trezzano sul Naviglio. Situazione evidenziata nel 2010 anche dallo scrittore Roberto Saviano, che scatenò l’ira di Roberto Maroni, allora non ancora governatore della regione.

Troppe scarcerazioni
La magistratura in questi anni ha però lavorato molto, eseguendo decine di arresti, senza riuscire comunque a sradicare il fenomeno. A confermarlo sono gli stessi carabinieri del Nucleo operativo di Milano, immersi da tempo in operazioni che ruotano tra mafia, appalti pubblici e rifiuti, già concluse con numerose condanne. Più di 300 gli arresti effettuati sino ad oggi, molti dei quali vanificati dalle scarcerazioni per scadenza dei termini di custodia cautelare. Da dietro le sbarre i boss muovono ancora le fila di questo sistema e la crisi ingrossa le fila degli affiliati alle bande del crimine. Se a questo si aggiunge la prospettiva di facili guadagni, grazie agli investimenti in arrivo con i cantieri dell’Expo, si fa presto a capire la gravità del fenomeno. La diga alzata dallo Stato per impedire le infiltrazioni sembra dunque troppo debole. Soprattuto se a chiedere di scendere a patti sono gli stessi imprenditori, come ha denunciato ancora una volta anche il procuratore aggiunto Ilda Boccassini.