Il doppio gioco di Renzi. Sta con 5S e dem e strizza l’occhio a Berlusconi. Interrogazione sull’audio del giudice Franco. Aiutino a Silvio firmato Matteo

Da una parte un sorriso a Giuseppe Conte, dall’altra una pacca sulle spalle a Silvio Berlusconi. Da un lato una stretta di mano a Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio, dall’altra un plauso al Cavaliere. La politica, dopotutto, è continua mediazione e trattativa. E chi, sul punto, non ha rivali sembra essere Matteo Renzi. Sì membro della maggioranza di governo, ma non così “convinto” da non poter esprimere critiche anche piccate. I più cattivi parlerebbero di politica della “bandieruola” e di opportunismo, altri invece di autonomia e indipendenza. Fatto sta che quello che è accaduto pochi giorni fa ha fatto storcere il muso a più di qualcuno.

Sui quotidiani dei giorni scorsi tanto si è parlato della condanna in via definitiva di Silvio Berlusconi e dell’audio del giudice Amedeo Franco (morto nel maggio 2019), che in quel procedimento ricopriva non soltanto il ruolo di membro del collegio giudicante ma anche di relatore della sentenza. Ebbene Franco in quella circostanza diceva che “Berlusconi deve essere condannato a priori perché è un mascalzone! Questa è la realtà… a mio parere è stato trattato ingiustamente e ha subito una grave ingiustizia… l’impressione che tutta questa vicenda sia stata guidata dall’alto”. Tanto è bastato, come si sa, per far sobbalzare tutti i parlamentari di Forza Italia che, non a caso, hanno chiesto immediatamente una commissione d’inchiesta parlamentare sul tema tanto caro proprio al Cavaliere: quello della giustizia.

Mai ci si sarebbe aspettati, però, che a presentare un’interrogazione rivolta al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, oltre ai forzisti, fossero anche i renziani. E attenzione: non è che si tratta di uno sparuto parlamentare. A Palazzo Madama, infatti, è stata presentata un’interrogazione firmata dall’intero gruppo di Italia Viva (Matteo Renzi compreso) e a prima firma Davide Faraone (nella foto) il quale, dopo aver riassunto l’intera vicenda,sottolinea che “gli elementi in questione, nonostante siano asseritamente riferibili ad un esponente appartenente ad una compagine politica diversa rispetto a quella cui appartengono gli interroganti, rappresenterebbero, se accertati nel loro insieme, un insostenibile vulnus allo svolgimento della vita democratica del Paese”. Ed è per questo che chiede “di sapere quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda adottare, nell’ambito delle sue attribuzioni, per l’accertamento dei fatti citati nell’ambito della vicenda relativa alla condanna definitiva deliberata il 1° agosto 2013 nei confronti di Silvio Berlusconi”.

Il bello è che l’atto è stato discusso la settimana scorsa in Aula. E Bonafede ha risposto all’interrogazione sottolineando che il ministero “compie accertamenti tendenti a chiedere eventualmente l’esercizio dell’azione disciplinare” del Csm. L’accertamento, peraltro, “deve muovere da fatti circostanziati e specifici, relativi esclusivamente a magistrati attualmente in servizio”. Ecco perché “laddove dovessero emergere profili fattuali di questo tipo […] gli uffici effettueranno tutte le valutazioni del caso nel termine annuale loro assegnato”. Risposta apparentemente legittima. Peccato che non lo sia stata per Faraone, il quale non solo si è dichiarato “insoddisfatto” ma ha detto anche che il gruppo parlamentare valuterà l’opportunità di una commissione d’inchiesta parlamentare sul tema giustizia. Perché se inizialmente “non mi convinceva l’idea di una Commissione parlamentare rispetto a questo tema”, ora se ne valuterà “l’opportunità”. Insieme agli amici di Forza Italia.