Il dramma dei migranti anche in Birmania: la foto di un altro Aylan. Mohammed Shohayet riverso nel fango a soli 16 mesi

Mohammed Shohayet, 16 mesi, morto a faccia in giù, nel fango, e racconta il dramma dei migranti Rohingya, minoranza musulmana, nella lontana Birmania.

La foto di Aylan Kurdi, riverso senza vita su una spiaggia turca dopo un drammatico viaggio verso la speranza di un’altra vita. Era l’estate del 2015 e quell’immagine creò un grande shock in Europa, ma gradualmente è finita nel dimenticatoio. Ora un’altra fotografia simile arriva dalla Birmania: ritrae Mohammed Shohayet, 16 mesi, morto a faccia in giù, nel fango, e racconta dell’ennesimo dramma di migranti, questa volta nella lontana Birmania.

La tragedia è quella dell’etnia Rohingya, minoranza musulmana in un Paese con una stragrande maggioranza buddista, perseguitata dal regime birmano e costretta a cercare rifugio in Bangladesh, Thailandia o Malesia. Ma in molti non riescono a raggiungere le coste di altri Paesi, morendo durante i viaggi esattamente come avviene per migliaia di migranti che partono dalle coste africane verso l’Italia.

Mohammed Shohayet era uno di quei bimbi che la famiglia voleva portare dall’inferno birmano. Il regime non riconosce alcun diritto al popolo Rohingya: viene addirittura negata la possibilità di essere chiamati per nome. Così dagli anni Settanta la repressione è diventata sempre più spietata, costringendo la minoranza a lasciare lo stato di Rakhine, nel nord-ovest, dove negli anni si erano insediati.

Di recente le operazioni sono aumentate: a ottobre ci sono stati veri e propri rastrellamenti. “I militari sparavano dagli elicotteri sulle case. I miei nonni sono morti bruciati vivi. Noi siamo scappati e ci siamo nascosti nella giungla per giorni. Dovevamo cambiare posto perché i soldati cercavano i Rohingya”, ha detto Zafor Alam, padre del piccolo Mohammed che è riuscito a raggiungere in Bangladesh, dove è ospite in un campo rifugiati. “La mia vita non ha più senso. Preferirei essere morto”, ha aggiunto l’uomo, intervistato dalla Cnn, l’emittente statunitense che ha provocatoriamente titolato “Il mondo si indignerà ancora?” in riferimento al precedente di Aylan.