Il giudice del Tar del Lazio arrestato per riciclaggio di denaro è coinvolto anche nell’affaire vigilantes. De Bernardi riceveva nel suo ufficio di Roma il prestanome del boss della Magliana Nicoletti

di Valeria Di Corrado

Nel suo ufficio del Tar del Lazio il giudice Franco Angelo Maria De Bernardi riceveva anche Fabrizio Montali, presunto prestanome del boss della Banda della Magliana Enrico Nicoletti, e attualmente a capo dell’Istituto di vigilanza Nuova Città di Roma, che gestisce la sorveglianza in quasi tutti gli ospedali della Capitale, con appalti da 500 milioni di euro per tre anni. Il magistrato amministrativo è stato arrestato giovedì dai finanzieri del nucleo valutario insieme ad altre 33 persone. L’accusa è di essere a capo di un’organizzazione criminale che riciclava in Italia e all’estero denaro sporco. Sono centinaia le conversazioni intercettate in cui il giudice 64enne parla di valute da scambiare: “crociati” (franchi svizzeri) e “silver” (mazzette di dollari del valore di un milione). Nella sua stanza al settimo piano di via Flaminia 189, sede del tribunale amministrativo del Lazio, De Bernardi riceveva tranquillamente alcuni degli indagati perché aveva “l’immunità”. È stato così che un finanziere sotto copertura di affiliato alla Camorra l’ha “smascherato” il 19 dicembre del 2011.
Ma l’episodio che coinvolge l’istituto di vigilanza Nuova Città di Roma risale ad alcuni anni prima. L’8 e il 27 agosto 2007 vennero discussi e firmati dei verbali d’accordo per favorire l’acquisizione della cooperativa (che allora contava 800 lavoratori, di cui 600 soci) proprio nella stanza di De Bernardi. All’incontro era presente Benito Succi (responsabile relazione sindacali di Confcooperative), Fabrizio Montali (in veste di fiduciario di Carlo Mitra, allora e attuale vicepresidente vicario nazionale di Confcooperative), Mauro Brinati, segretario Fisascat Cisl Roma, e i professori Gambino e Marasco. “Montali in quell’occasione era estremamente a suo agio nell’ufficio di De Bernardi – racconta Mauro Brinati – Diceva che era padrone lì dentro, al punto tale da prendere dei documenti dalla scrivania senza che il giudice battesse ciglio”. Il ruolo del magistrato, di Gambino e di Marasco era quello di esperti del “comitato di garanzia e trasparenza” che doveva presiedere l’operazione di risanamento dell’Istituto di vigilanza Città di Roma. All’interno del consiglio di amministrazione, però, ci sono rimasti poco: dal 9 gennaio al primo marzo 2008. Al loro posto sono subentrati Fabrizio Montali, il padre Sebastiano, l’allora senatore Domenico Barrile, Marco Antoniazzi e Carlo Mitra (nella doppia veste di presidente Concooperative Lazio e presidente della società). Il sindacalista Brinati, dopo aver intuito quale fosse l’intento dell’operazione e, soprattutto, dopo essere stato vittima di un tentativo di corruzione, ha scritto una lettera di denuncia nell’agosto 2010 indirizzata al segretario generale Cisl Raffaele Bonanni e al presidente nazionale di Confcooperative Luigi Marino. Lettera che è rimasta senza risposta.
A questo punto è inevitabile chiedersi: che legame c’era tra il giudice del Tar Lazio e Fabrizio Montali? Come mai De Bernardi ha fatto da garante nell’acquisizione della società da parte di Confcooperative? E, alla luce di questo arresto per riciclaggio di denaro sporco, gli inquirenti potrebbero indagare anche sulla gestione finanziaria dell’Istituto di vigilanza Nuova Città di Roma.