Il governatore della Lombardia Fontana indagato per abuso d’ufficio nell’inchiesta sulla nuova tangentopoli a Milano che ha già decimato Forza Italia

Anche il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana indagato nell'inchiesta su tangenti e appalti

Il presidente leghista della Regione Lombardia, Attilio Fontana, sarebbe indagato per abuso d’ufficio nell’inchiesta della Dda di Milano su tangenti e appalti che ieri ha portato all’emissione di 43 misure cautelari. La notizia è riportata oggi dal Corriere della Sera. La contestazione riguarda l’affidamento di un incarico al suo ‘socio di studio’, Luca Marsico. Fontana potrebbe essere interrogato già oggi dagli inquirenti.

Ieri il procuratore di Milano, Francesco Greco, che per un’ipotesi di presunta istigazione alla corruzione lo stesso governatore era “parte offesa”, ossia aveva rifiutato, ma senza denunciare, una proposta corruttiva da parte di Gioacchino Caianiello, ex coordinatore provinciale di Forza Italia arrestato nell’ambito della stessa inchiesta.

Greco aveva precisato, inoltre, che era “in corso di valutazione la posizione di Fontana sull’episodio relativo all’incarico ottenuto in Regione” da Marsico, un posto nel Nucleo di valutazione degli investimenti della Regione. Sempre ieri la Dda milanese, guidata dall’aggiunto Alessandra Dolci, ha convocato e ascoltato diversi dirigenti della Regione ed acquisito una serie di documenti.

Il quadro che emerge dall’inchiesta della Procura di Milano assomiglia ad una nuova tangentopoli anche se, almeno per ora, limitata alla sola Lombardia. Del resto lo scenario choc appare evidente già dai numeri che contano 95 indagati e che ieri hanno portato all’esecuzione di 43 ordinanze di custodia cautelare di cui 12 persone sono finite in carcere, 16 ai domiciliari mentre per altre 3 è stato disposto l’obbligo di dimora e per le restanti è stato imposto l’obbligo di firma.

A tutti loro, seppur a seconda delle differenti posizioni, i magistrati contestano di aver fatto parte di un’associazione per delinquere aggravata dall’aver favorito un’associazione di tipo mafioso, la corruzione e la turbata libertà degli incanti finalizzati alla spartizione e all’aggiudicazione di importanti e remunerativi appalti pubblici.

Tra gli arrestati i nomi di punta sono quelli del consigliere comunale milanese e vice coordinatore regionale di Forza Italia Pietro Tatarella, tra l’altro candidato alle Europee nella circoscrizione di Nord-Ovest, del sottosegretario azzurro all’area Expo della Regione Lombardia Fabio Altitonante, dell’ex coordinatore provinciale di FI a Varese Gioacchino Caianiello, quest’ultimo già condannato nel 2017 in via definitiva per concussione e ora accusato di “istigazione alla corruzione” nei confronti del presidente della Regione Lombardia, Fontana. Oltre a loro i magistrati meneghini hanno avanzato anche una richiesta alla Camera per l’autorizzazione agli arresti domiciliari del deputato di Forza Italia Diego Sozzani, accusato di finanziamento illecito ai partiti, che ha già fatto sapere che nei prossimi giorni si autosospenderà da ogni incarico.

A lavorare sul fascicolo, diviso in due distinti filoni d’indagine, sono stati il procuratore capo Francesco Greco, il procuratore aggiunto e responsabile della Dda di Milano Alessandra Dolci e i pubblici ministeri Silvia Bonardi, Adriano Scudieri e Luigi Furno. Il primo faldone fa riferimento agli appalti dell’Amsa, ossia l’azienda dei rifiuti milanese, e ad altre municipalizzate del capoluogo lombardo. Il secondo, invece, riguarda il Piano di governo del territorio e le sue varianti relative al varesino.

L’intera associazione smantellata dai pm verteva principalmente su tre personaggi ossia Caianiello, Tatarella e l’imprenditore del settore rifiuti e bonifiche ambientali, Daniele D’Alfonso. E proprio quest’ultimo è l’unico indagato a cui è contestata l’aggravante di aver agevolato il clan ndranghetista dei Molluso di Buccinasco facendo lavorare gli uomini del clan nella propria azienda.

Che i sodali fossero ben consci di far parte di un sistema per vincere gli appalti senza fatica, non ne facevano affatto mistero. Lo si evince dall’intercettazione del 13 gennaio 2018 dove Sozzani, prima di essere eletto alla camera dei deputati, raccontava al telefono di aver ottenuto un incarico da una società pubblica di Varese, grazie all’intermediazione di Caianello. Curiosamente quest’ultimo, ritenuto il ras della zona, veniva soprannominato “Jurassic Park”, secondo i carabinieri alludendo al suo comportamento “predatorio”.

Infatti il deputato, incurante di essere sotto intercettazione, spiegava: “quando Jurassic Park si muove, eh! Perché sta lì a Varese eh! Spielberg l’ha girato lì il film (ride)… tu hai visto come parla Caianello”. L’interlocutore è d’accordo e rincara la dose descrivendo il potente forzista varesino come un vampiro: “sentivi le vibrazioni quando facevi quell’ipotesi (ridono)… ho visto la zanna e tac! è venuta fuori come il vampiro…”. Una battuta dopo l’altra, la conversazione si chiudeva con una considerazione che la dice lunga sulla vicenda perché “se avessimo contro uno come Jurassic Park, lì non ce la facevamo” ma fortunatamente per loro “se è a favore ti da una mano” come realmente accaduto.