Il Governo accelera sulla riforma Rai per cambiare in fretta i vertici di Viale Mazzini. Apertura anche all’opposizione

Più che per convinzione per costrizione. Nel senso che sulla riforma della Rai il premier Matteo Renzi non può permettersi il lusso di perdere il treno. E così il governo ha deciso di aprire alle richieste dell’opposizione sulla riforma della Tv pubblica, mettendo però dei  paletti sia sui contenuti che sui tempi di approvazione del disegno di legge. Il voto finale del Senato, secondo quanto deciso dalla Capigruppo, è fissato per il 31 luglio, non solo per consentire a Palazzo Madama di avviare nella settimana successiva l’esame delle norme sulle unioni civili, ma anche per incardinare il testo sulla governance del servizio pubblico a Montecitorio prima della pausa estiva. Un agenda, quella dettata dal governo, non solo fitta, ma strategica.  L’obiettivo del premier è quello di  arrivare all’approvazione definitiva nella prima parte di settembre in modo tale di rinnovare i vertici di Viale Mazzini prima dell’autunno. Nessun decreto con il testo approvato dal Senato, dunque, né questioni di fiducia per blindare il voto. Le ipotesi, pur prese in considerazione negli ultimi giorni dal governo, sono state scartate, anche tenendo in considerazione la nota freddezza del Quirinale verso il reiterato uso di decreti legge senza avere le basi di necessità ed urgenza, si ragiona in ambienti parlamentari. Del resto è stato lo stesso sottosegretario Giacomelli, intervenendo in Aula al termine della discussione generale, a sottolineare la necessità di completare “tutto il percorso parlamentare senza comprimerlo”, pur non dimenticando l’esigenza di evitare “una lunga prorogatio” dei vertici di Viale Mazzini, il cui mandato è già scaduto. E la cosa non piace affatto al premier.  Solo se il provvedimento si dovesse arenare, si procederà,  come più volte precisato dallo stesso Renzi,  al rinnovo del Cda con la legge Gasparri, eventualmente con un mandato a tempo. Proprio per accorciare i tempi delle procedure di cambio dei vertici, Giacomelli dovrebbe presentare il 29 luglio un emendamento sulle modalità di prima applicazione della legge. Ma altre modifiche al testo arriveranno per venire incontro alle richieste dell’opposizione e della minoranza Pd. Non ci sarà, comunque, nessun maxiemendamento del governo sull’impianto della legge, come potevano far pensare le parole del ministro Boschi alla capigruppo riferite dai presenti, ma solo interventi su argomenti specifici. Il Movimento 5 Stelle dovrebbe avere l’ok sull’introduzione di criteri e incompatibilità per l’elezione a consigliere (ma sull’esclusione degli ex parlamentari la discussione è ancora aperta e non è detto che si chiuda), oltre che sulle regole per la trasparenza della gestione aziendale. In arrivo anche precisazioni sulla delega al governo sul riordino del testo unico, anche perché,- come ha spiegato Giacomelli, “non c’è’ nessuna intenzione del governo di utilizzarla per un intervento ampio di riforma che espropri il Parlamento”. Il governo lancia segnali di apertura anche alla Lega, che ha presentato 800 degli oltre 1500 emendamenti, anche per tentare di evitare l’ostruzionismo del Carroccio. Resta, invece, la contrarietà verso le richieste di Forza Italia di un ulteriore rafforzamento dei poteri del cda, dopo le modifiche in Commissione, perché ciò snaturerebbe il senso della riforma che affida all’ad ampi poteri di gestione dell’azienda. E soprattutto assegnerebbe un punto a Gasparri.