Il governo blinda il decreto Rave chiedendo un’altra fiducia

Malgrado il pastrocchio e le inevitabili polemiche, il governo sul decreto Rave non ha voluto sentire ragioni.

Malgrado il pastrocchio e le inevitabili polemiche, il governo sul decreto Rave non ha voluto sentire ragioni. Anzi ha preferito tirare dritto mostrando i muscoli. Lo ha fatto prima con la richiesta – accolta malgrado la contrarietà di M5S e Pd – di chiusura anticipata della discussione generale sul provvedimento, ciò per accelerare i tempi per l’approvazione del testo entro venerdì così da evitarne la decadenza, e dopo ponendo la questione di fiducia per bocca del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani (nella foto).

Malgrado il pastrocchio e le inevitabili polemiche, il governo sul decreto Rave non ha voluto sentire ragioni

Eppure di motivi per fermarsi a ragionare entrando nel merito del provvedimento, ce n’erano e ce ne sono diversi. In primo luogo va ricordato che il testo contiene anche misure – a dir poco delicate – relative all’ergastolo ostativo. Come hanno fatto notare il Movimento 5 Stelle e il Partito democratico, il decreto Rave per via di alcuni emendamenti presentati dalla maggioranza smantellano la Spazzacorrotti introdotta dall’ex ministro Alfonso Bonafede.

Tra le righe del provvedimento, infatti, c’è anche la cancellazione dei reati contro la Pubblica amministrazione dall’elenco di quelli ostativi. Ciò si traduce nel fatto che anche i condannati per corruzione, concussione e peculato, potranno ottenere i benefici carcerari automatici. Cosa significa tutto ciò? Contrariamente a quanto si possa pensare, tali effetti non interessano soltanto i colletti bianchi ma anche la criminalità organizzata.

Secondo Cafiero De Raho il Governo ha compiuto un colpo di mano cancellando i reati contro la Pa dall’elenco di quelli ostativi

A spiegarlo è stato il deputato M5S ed ex Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, secondo cui con questo decreto il governo “ha compiuto il colpo di mano di cancellare i reati contro la Pubblica amministrazione dall’elenco di quelli ostativi, abbattendo così un’arma importantissima contro mafie e reti corruttive”, così con il “la nuova normativa ai non collaboranti sarà riservato un trattamento più favorevole rispetto a quello previsto per i collaboratori di giustizia”.

Si tratta di “un messaggio devastante per la legalità”, insiste Cafiero De Raho convinto che si sarebbe dovuto fare ben altro ossia “stabilire l’obbligo per i condannati per reati ostativi di specificare dettagliatamente le ragioni della mancata collaborazione, per capire se sono argomenti accettabili” o meno, bisognava “pretendere dai detenuti l’avvenuto ravvedimento, non la sola revisione critica del loro passato, e imporre loro di dichiarare tutti i beni di cui dispongono”.

Ma il governo Meloni ha scelto altrimenti e così, conclude con amarezza Cafiero De Raho, “la maggioranza si assume la responsabilità di approvare una legge che renderà più conveniente non collaborare con la giustizia. Ma come si può pensare di andare avanti in questo modo nel paese delle mafie?”.

Un provvedimento, quello del decreto Rave, che è stato criticato anche da numerosi giuristi e magistrati che lo ritengono palesemente incostituzionale, soprattutto per quanto concerne l’introduzione del nuovo articolo del codice penale, il 633-bis, che punisce con il carcere da 3 a 6 anni chi organizza i raduni illegali su terreni altrui. Una norma che, secondo molti, allo stato attuale delle cose è fin troppo generica.

Critiche pure dal Partito democratico con l’ex segretario Nicola Zingaretti secondo cui si tratta di “folli ingiustizie della destra” che “si inventa un’emergenza feste contro i giovani, introduce pene da 3 a 6 anni, autorizza le intercettazioni per le indagini, e poi condona i medici No Vax che non hanno rispettato le regole e le leggi delo Stato”, riferimento quest’ultimo al fatto che il decreto Rave prevede anche il reintegro anticipato per tutti quei professionisti sanitari che non hanno rispettato l’obbligo vaccinale.

Davanti a tante critiche le destre, con non poco imbarazzo, nel corso del dibattito hanno faticato a difendere il provvedimento. Chi ci ha provato è stato il vicecapogruppo vicario di Fratelli d’Italia alla Camera, Manlio Messina che, intervistato dal Tg3, ha provato a rigirare la frittata: “Le opposizioni sono spaventate dalla tempistica di una maggioranza che viaggia spedita per la propria strada ottenendo risultati importanti”.

Secondo lui “sono state smentite sulla legge di Bilancio, avendola approvata nei tempi necessari nonostante le elezioni svolte recentemente”e “ora rimangono sorprese anche sul dl Rave perché pensavano non riuscissimo a procedere velocemente, andando dritti per approvare iniziative che il governo vuole approvare per salvaguardare gli italiani”.

C’è da dire che il richiedere la fiducia su questo provvedimento è già di per sé una sconfitta per Giorgia Meloni. Questo perché la leader di Fratelli d’Italia in passato è stata acerrima nemica del ricorso al decreto legge che “mortifica il Parlamento”, esattamente come accade con il voto di fiducia. Tutte ragioni per le quali si è trovata spesso e volentieri ad attaccare l’allora premier Giuseppe Conte, tra l’altro non considerando che il leader pentastellato viveva una situazione oggettivamente complicata tra crisi economica e pandemia, spiegando che lei avrebbe avuto un approccio ben diverso.

Parole ribadite anche in campagna elettorale oppure, per non andare troppo indietro nel tempo, il 15 dicembre scorso, quando arrivata a Bruxelles per intervenire al Consiglio europeo sul tema dell’Energia si lasciava andare con i cronisti nel parlare della legge di Bilancio: “L’Unione Europea dice che abbiamo fatto una manovra molto seria, siamo fra quelli che hanno avuto il giudizio migliore e questo richiede al Parlamento di muoversi con rapidità, pur nelle rispetto delle sue prerogative che io ho sempre difeso”.

A quanto pare tutto fiato sprecato tra fiducia chiesta per blindare la manovra, con il voto a Palazzo Madama che ci sarà stasera, e quella posta sul decreto Rave.