Le Lettere

Il governo e i nuovi schiavi

Il governo trova i soldi per i condoni fiscali o per costruire nuovi stadi di calcio, ma non ne ha per il Reddito di cittadinanza e il salario minimo. Ma questi servono ai figli di un dio minore.
Luisa Cappelli
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Gentile lettrice, tralascio il Reddito di cittadinanza, tema per cui non ho più parole, e rifletto sui salari. È lampante che il governo lavori per favorire i ricchi, e per farlo deve continuare a sfruttare il lavoro schiavistico di operai e impiegati. Perché di questo si tratta: la nostra economia vive di questi moderni schiavi. Non è un fenomeno legato alla globalizzazione, per cui i salari dei Paesi sviluppati tendono a livellarsi con quelli del Terzo Mondo. La prova ne è che, mentre in Italia gli stipendi dal ‘90 ad oggi non solo non sono aumentati ma sono diminuiti del 2,9%, tutti gli altri europei hanno fatto progressi. Ad Est, in Lituania, Estonia e Lettonia gli stipendi sono cresciuti dal 200 al 276%, in Slovacchia +129, Repubblica Ceca +112, Polonia +96, Ungheria +72. È vero, partivano da condizioni più basse, ma che dire dei Paesi affini al nostro? Danimarca +38, Germania +33, Francia +31, Grecia +30,5, Belgio +25,5, Austria +24,9, Olanda +15,5, Portogallo +13,5, Spagna +6,2. L’Italia ultima e unica in negativo segna -2,9%. Una débâcle epocale. Quando il presidente della Confindustria, Bonomi, tuonava che i 500 euro mensili del Reddito di cittadinanza facevano concorrenza alle imprese, esprimeva esattamente il concetto che l’industria italiana si mantiene sul lavoro schiavistico. Bonomi è stato subito servito dalla Meloni: un giro di frusta sugli schiavi e avanti tutta con la destra “sociale”.

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