Il Governo Meloni in panne sul Mef

L'Economia toglie il sonno alla Meloni. Nessuno tra i Draghi boys accetta l'offerta di entrare nel nuovo Governo.

Dalle dichiarazioni post voto secondo cui Meloni & Co avrebbero rapidamente trovato la migliore squadra di Governo possibile, alla realtà che emerge dopo settimane di trattative, veti e liti. Sembra incredibile eppure ad appena due giorni dall’insediamento del nuovo Parlamento, la corazzata di Centrodestra che ha strapazzato il Pd alle elezioni non è riuscita a chiudere neanche un singolo dossier.

L’Economia toglie il sonno alla Meloni. Nessuno tra i Draghi boys accetta l’offerta di entrare nel nuovo Governo

Tutt’ora i tre leader, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, discutono animatamente sui ministeri da spartirsi e sui nomi adatti per occuparli. Tuttavia il problema maggiore non è neanche il poco tempo rimasto per compilare una lista autorevole da proporre al Capo dello Stato, quanto i numerosi “no grazie” ricevuti da quei nomi di potenziali candidati – su cui è arrivato il via libera dei tre leader – indicati per i ruoli chiave.

In tal senso emblematico è lo stallo che si registra sul ministero dell’Economia dove, com’è noto, si concentrano le attenzioni del Quirinale e dell’Unione europea intera. Del resto con il Pnrr da portare a termine e i tempi stretti, non è pensabile improvvisare e servirà una persona di spessore e provata esperienza. Per questo l’idea della Meloni è sempre stata quella di trovare un tecnico autorevole capace di gestire una situazione – tra scadenze europee, guerra in Ucraina e crisi energetica ed economica – che già si preannuncia drammatica.

Una partita che la leader di FdI sperava di aver chiuso sondando il terreno con Fabio Panetta, attualmente nel board della Banca centrale europea. Peccato che l’esperto economista ha gentilmente declinato, probabilmente perché spaventato di dover gestire le richieste della Lega su flat tax e riforma delle pensioni, scatenando il panico nel Centrodestra.

E la situazione non è migliorata neanche quando un altro candidato ideale è stato individuato nell’amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti, Dario Scannapieco, visto che anche lui ha risposto con un “no grazie”. Così la casella, a pochi giorni dalla deadline fissata dalla Meloni, appare ancora in alto mare e nella coalizione in molti sperano che possa muoversi Sergio Mattarella in prima persona per convincere uno tra Panetta e Scannapieco.

Ma se non dovesse andare così, allora Giorgia sta provando a percorrere altre strade per il Mef. In queste ore, infatti, circolano i nomi del presidente della divisione Imi di Banca Intesa, Gaetano Miccichè, quello dell’ex ministro Domenico Siniscalco, e un po’ a sorpresa quello di Giancarlo Giorgetti.

In alto mare anche le altre caselle. Trattative in ancora in corso su Interno, Esteri, Difesa e Giustizia

Resta problematico anche il Viminale a cui Salvini non vuole rinunciare ma che, permanendo l’ostilità degli alleati, dovrebbe lasciare al prefetto Matteo Piantedosi o, in alternativa, uno tra Giuseppe Pecoraro e Giulia Bongiorno. L’avvocato leghista è però anche la favorita per la Giustizia dove perdono quota le candidature di Carlo Nordio e di Francesco Paolo Sisto.

Alla Farnesina dovrebbe finire Antonio Tajani anche se restano in lizza anche Elisabetta Belloni e Giampiero Massolo. Incerta anche la Difesa dove è stato sondaggiato il generale Luciano Portolano ma restano ancora in lizza sia Guido Crosetto che Adolfo Urso. Per la Salute il ballottaggio è tra Francesco Rocca, presidente del Comitato Nazionale della Croce Rossa Italiana, Guido Rasi e Licia Ronzulli su cui continua a insistere il Cavaliere.

Ma sulla sua fedelissima sarebbe in corso un braccio di ferro, con tanto di veto della Meloni, che sta mandando in fibrillazione la coalizione e in particolare i forzisti. “Posso dire due cose, in astratto, sul piano metodologico. La prima è che a differenza di quanto si legge, non esistono, non possono esistere, fra partiti alleati, veti o pregiudiziali verso qualcuno.

Se questo accadesse, ma non è il caso nostro, non lo potremmo mai accettare” spiega il Cavaliere con parole che, più di mille smentite, dimostrano come nel Centrodestra la tensione sia più alta di quanto si pensi.