Il Governo sopravvive alla manovrina. Passa la fiducia, ma la maggioranza si regge per miracolo

La maggioranza c'è ma non si vede. E in ogni caso ha retto l'urto della manovrina. Il Governo ha incassato la fiducia del Senato sul provvedimento.

La maggioranza c’è ma non si vede. E, senza andare per il sottile, ha retto l’urto della manovrina, grazie alle numerose assenze tra i senatori delle opposizioni e alla decisione dei bersaniani di non esprimersi apertamente contro in Aula. Il Governo ha così incassato la fiducia del Senato sul provvedimento con 144 voti favorevoli, 104 contrari e un solo astenuto. Per il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, è stato l’ennesima prova superata, anche se con qualche patema d’animo. E si sono dissolte le incertezze sollevate anche nella maggioranza dal senatore del Pd, Stefano Esposito, che aveva indossato i panni del profeta di sventura, dicendo: “In settimana potrebbero esserci delle sorprese”. Parole simili a quelle pronunciate dal capogruppo a Montecitorio, Ettore Rosato, che aveva messo in dubbio l’esistenza di una maggioranza. E invece il Movimento democratico e progressista ha scelto un dissenso indolore, abbandonando l’Aula al momento del voto per abbassare il quorum necessario alla maggioranza. “Abbiamo deciso di non votare la fiducia al Governo per la prima volta da quando è nato il gruppo di Articolo 1 – Movimento democratico e progressista”, ha spiegato il senatore bersaniano, Carlo Pegorer. “Lo abbiamo fatto per marcare un distacco da Governo e maggioranza rispetto ad una scelta, quella di reintrodurre i voucher aggirando il referendum, che rappresenta una ferita alle nostre regole democratiche, tanto più se proviene da uno schieramento che si richiama al centrosinistra”, ha sottolineato l’esponente di Mdp.

Benedetti assenti – I problemi, insomma, restano sul tavolo di Palazzo Chigi. Perché i numeri della maggioranza a Palazzo Madama sono sempre più traballanti. E non giova il clima di scontro perenne tra renziani e bersaniani, uniti nel sostegno all’Esecutivo ma pronti a beccarsi a ogni passaggio di quasi tutti i provvedimenti. A mettere il dito nella piaga della spaccatura è stato il senatore Lucio Barani, del gruppo Scelta Civica-Ala: “Uno degli alleati di Governo non partecipa al voto sulla fiducia e prende le distanze in modo e forte e chiaro. È evidente che non c’è più la maggioranza”. E il verdiniano ha quindi attaccato con durezza: “Io credo che vada informato di questo fatto il presidente del Senato, perché nella prima Repubblica bastava molto meno per aprire una crisi di governo”. L’affanno  è stato reso evidente dall’iniziale mancanza del numero legale proprio nel giorno in cui si votava un provvedimento importante.

“È evidente che chi deve vergognarsi sono le finte opposizioni di Forza Italia, della Lega e del M5S che, con le loro numerosissime e consapevolissime lassenze, fanno a pieno titolo parte della maggioranza occulta”, ha accusato l’ex viceministro Enrico Zanetti, segretario di Scelta Civica. Per il presidente del Consiglio, comunque, va bene così. Del resto l’importante per Palazzo Chigi era di ottenere il via libera per rispettare gli impegni con l’Europa. “L’approvazione del decreto correttivo dei conti pubblici sta a significare che noi prendiamo degli impegni e li rispettiamo. E questo è basilare per un Paese come il nostro”, ha affermato il premier. “Siamo riusciti a farlo senza misure che avessero effetti depressivi. Abbiamo fatto un’operazione di riduzione e tagli dei nostri bilanci senza produrre effetti depressivi, così abbiamo messo fieno in cascina per più di cinque miliardi per la legge di bilancio del prossimo autunno”, ha concluso Gentiloni.