Il leader di Italia Viva canta vittoria. Ma si è condannato all’irrilevanza. Renzi ha rovesciato il banco per lanciare Draghi. Se la maggioranza sarà ampia però non toccherà palla

Il leader di Italia Viva canta vittoria. Ma si è condannato all’irrilevanza. Renzi ha rovesciato il banco per lanciare Draghi. Se la maggioranza sarà ampia però non toccherà palla

Non era chiaro cosa Matteo Renzi si attendesse dalla sua recente “mossa del cavallo” ai danni del governo giallo rosso di cui faceva parte. Probabilmente i suoi obiettivi erano duplici e differenziati. Il primo era quello di avere dei ministeri più pesanti, una gestione diretta del Recovery Fund e fare fuori alcuni ministri a lui invisi. Il secondo, che fa parte della strategia del cavallo, è stato poco analizzato, ma è ovvio che avesse un piano B qualora i suoi desiderata, come poi è effettivamente avvenuto, fossero respinti.

Tra parentesi, tra gli effetti collaterali a catena innescati dalla fine del governo giallorosso c’è quello di destabilizzare Partito democratico e Cinque Stelle e di rompere l’alleanza di centrodestra, visto che Giorgia Meloni, che non vuole rimanere con il cerino acceso in mano, è per un no secco alla Ue, Matteo Salvini, come al solito, per un nì, e Silvio Berlusconi per un sì. In ogni caso il piano B prevedeva da tempo Mario Draghi ed un governo tecnico.

Cosa abbia avuto in cambio Renzi non lo possiamo sapere, ma possiamo fare alcune ipotesi. Intanto partiamo dal fatto che Italia Viva vale al massimo il 4% e cioè è un micro partito e se si presentasse ora alle elezioni sarebbe spazzato via dalla indignazione degli italiani per una crisi aperta in piena pandemia e piano vaccini in difficoltà. Dunque Renzi, che è un pragmatico, sa benissimo che il suo ruolo in politica in Italia è finito. L’unica cosa a cui può ancora puntare è un ruolo europeo e tempo fa era trapelato il suo interesse per la segreteria generale della Nato, al posto del norvegese Jens Stoltenberg.

Deciderà Biden, democratico e amico di Obama, nel maggio 2022. Renzi è pure “amico” di Obama e quindi la cosa ci sta. L’appoggio di una figura prestigiosa come Mario Draghi gli permetterebbe di giocarsi la sua candidatura e ieri ha giocato anche un ruolo di pontiere tra richieste del Quirinale e il centrodestra. Dunque Renzi ha eseguito un salto carpiato con rete assai massiccia e in ogni caso aveva previsto una via d’uscita. Tuttavia, a guardare i conti della serva, e cioè una quantificazione algebrica del potere, Renzi ha perso molto: due ministeri e un sottosegretariato di peso, ma soprattutto ora ha perso ogni capacità di interdizione perché un governo di larghe intese, un “governo del Presidente” non ha bisogno di lui.

Ad esempio, se ci fosse da sorreggerlo, sarebbe assai difficile che Forza Italia non accorresse in suo soccorso, visto le comuni tematiche europee e la militanza di Berlusconi nel Partito popolare europeo lo stesso di Angela Merkel. L’unica cosa concreta che il senatore toscano pare abbia ottenuto è quella di avere impallinato l’ex premier Giuseppe Conte. Ma a ben guardare si può trattare di una soddisfazione personale e non politica. Dunque IV esce indebolita dalla bomba lanciata dall’ex premier. I suoi parlamentari sanno benissimo di non potere essere rieletti se non in infima parte e pure la strada cosparsa di cenere per tornare all’ovile del Pd, perso il treno del Conte ter, sembra ormai preclusa.

Quindi la vittoria di Renzi è una vittoria di Pirro e assomiglia tanto a quel marito deluso che per fare dispetto alla moglie si taglia i gioielli di famiglia, obiettivamente non il massimo per uno che era a capo del primo partito in Italia con oltre il 40% dei consensi e che se la faceva a cena con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Diciamo che se avesse rivinto Donald Trump e non i democratici Renzi sarebbe stato molto più cauto a far cadere il governo, ma appunto Renzi guarda lontano, è un giocatore di scacchi e conosce cosa è una combinazione di mosse.