Il lento addio del presidente Napolitano tra le solite congiure di palazzo. Ora la corsa al Quirinale entra nel vivo

Sulle riforme costituzionali “ha ragione il presidente Napolitano. Si può andare solo avanti”. A parlare così, si badi bene, non è un esponente del governo ma la presidente della Camera, Laura Boldrini che, nel giorno in cui a Montecitorio arriva a destinazione la discussione generale del Ddl Boschi, il cui esame riprenderà subito dopo le feste di Natale con un generoso contingentamento determinato “dall’atteggiamento responsabile mostrato a Montecitorio dalle forze politiche”, la terza carica dello Stato non vede grandi ostacoli al percorso parlamentare delle riforme. E, soprattutto, non considera alle viste un ritorno anticipato alle urne. Un parere così esplicitamente non richiesto da parte della Boldrini plana sui giornalisti parlamentari in occasione del tradizionale scambio di auguri di Natale, ma il vero messaggio sta dietro a quelle parole. Con l’avvicinarsi a grandi passi della corsa al Quirinale la presidente della Camera esclude “categoricamente” una propria autocandidatura alla presidenza della Repubblica. “Aver detto che è giunto il tempo di una donna presidente della Repubblica non era un modo per candidarsi”, precisa. Come no. Il problema, quello vero, è che nessuno ha chiesto alla Boldrini di fare cotanto sacrificio. E lei, come s’intuisce dalle sue parole,  non l’ha presa bene, tanta è la renzizzazione della presidentessa. Il passaggio sin qui descritto, ovviamente non è centrale nel dibattito quirinalizio, che ieri ha registrato un altro intervento del capo dello Stato, ma rendere plasticamente il clima che si è creato attorno al totonomi, che vede salire vertiginosamente le quotazioni degli ex democristiani. Giovanni Toti, per esempio, esclude in modo categorico Romano Prodi, mentre su Giuliano Amato si potrebbe. “Lui è un moderato che ha un curriculum di tutto rispetto. Il Presidente non ha fatto il suo nome per bruciarlo”. E la Severino. Che riemerge come l’Araba Fenice? “Ritengo che la Severino abbia fatto parte di un governo che abbia fatto danni a questo paese, non mi pare possa esser una candidata”. Sua è la legge che ha messo fuorigioco Berlusconi. Infine Casini. “Un centrista che viene dalla nostra area politica”. E da quell’area arriva anche Castagnetti, che potrebbe essere un altro uomo di sintesi. Sul tavolo, però, mancano ancora le figurine del premier Renzi, che sta giocando a carte coperte. L’unica quasi certezza è che dopo la metà di gennaio Giorgio Napolitano lascerà il Quirinale. “La prossima fine di questo anno e l’imminente conclusione del mio mandato presidenziale”, dice il presidente della Repubblica, parlando di fronte ai diplomatici di tutto il mondo accreditati presso il Quirinale, “inevitabilmente ci portano a svolgere alcune considerazione sul periodo complesso e travagliato che stanno attraversando l’Italia, l’Europa e il mondo”.  Le dimissioni sono il futuro e il nodo attorno al quale s’incardina il dibattito politico di casa nostra. Tutto il resto, ovvero crisi, governo ed Europa, sono il presente. Cioè noia e voti di fiducia…