Il linguaggio dell’amore ai tempi di internet. Matti per selfie e chat. Ma nell’uomo isola sorprende la forza della natura

L’amore neppure ai tempi di internet riesce a sfuggire a quel suo bisogno di carnalità e di passione travolgente. Un contatto fisico che nulla può rappresentare più della natura possente di un’isola siciliana, mirabilmente descritta nell’ultimo romanzo di Emanuele Ponturo, “L’uomo isola” (Avagliano editore). Martina, una quarantenne romana delusa dal noioso lavoro quotidiano di insegnante, e Lorenzo, un rude pescatore abbronzato che si rifugia ad occuparsi di un camping per turisti, sono così i protagonisti secondari di una bellissima storia dove sulla scena c’è la forza dell’amore e di una natura che sa consolare. Così l’attrazione alimentata da un carteggio di chat virtuale spinge Martina a una fuga per raggiungere un appagamento esistenziale e sentimentale. Una scommessa che si rivelerà non priva di colpi di scena. Ponturo, avvocato penalista romano e scrittore, imbastisce una trama accattivante, in un crescendo di emozioni che scardina un’inappagante condizione femminile. Perché il suo punto di vista è quello di una donna, l’alter ego protagonista che sfugge alle etichette e al conformismo di circostanza. Dall’altra parte del  mondo c’è la natura, la solitudine, tramonti mozzafiato, tempo dilatato che si accontenta di accogliere esseri umani alla deriva (che non sono quelli che purtroppo si infrangono con barconi su scogliere e spiagge desolate). Tutti quelli che farebbero a meno di telefonini e computer, che sanno che gli scambi di effusioni e opinioni su whatsApp sono il preludio del disagio dell’incontinenza amorosa, del male di vivere. Martina e Lorenzo sono legati da un sottile filo di complicità, da un punto di non ritorno che invoca un inno alla vita, riprendersi e gustare i momenti semplici della convivenza, le tenerezze, i dialoghi in silenzio, ma anche l’attrazione di un amore che li faccia sentire ancora vivi.