L’Europa ha stabilito che la Russia è un nemico. Ma perché? Non ci ha mai minacciati, nulla di nulla.
Elvia Del Re
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Gentile lettrice, quando si sceglie il nemico che si desidera, questo serve a definire sé stessi. Non c’è bisogno che il nemico esista: è solo un nome, un archetipo identitario. La Russia non è un nemico: le nostre élite l’hanno scelta come tale per definire sé stesse. È ovvio che più è grande e forte il nemico, maggiormente ne guadagna la nostra (immaginaria) statura. Il mostro non può essere piccolo e nero, tipo il Montenegro o la Macedonia del Nord. No, deve essere grosso, con le fauci spaventose e la bocca piena di bombe atomiche. Anche la Cina avrebbe fatto al caso. Solo che la Cina non è vicina, non confina con l’Ue, e questo la rende poco plausibile come aggressore. La Russia invece è perfetta per evidenziare la differenza tra noi e il resto del mondo: siamo ricchi, invidiati, portatori di “democrazia” (qualunque cosa significhi). Siamo “civili” e per ciò stesso superiori (ecco il cuore della questione: il suprematismo). Non siamo i Brics, gli Emergenti, il Terzo e Quarto Mondo, tutta quella maramaglia, quella giungla piena di imperfezioni situata appena fuori dal nostro verde, garbato giardino. Signori, siamo assediati, ma lotteremo e vinceremo, ci dicono le élites politiche, tacendoci che intanto prima della guerra loro e le élite finanziarie a trazione anglosassone-sionista si arricchiranno come non mai: la mangiatoia della rivoluzione green, al paragone, è uno yogurt per bambini. In hoc signo vinces, ci dicono, issando a mo’ di bandiera l’immagine del dollaro statunitense.
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