Le Lettere

Il Paese dei finti poveri

Ogni tanto torna a galla il tema dell’evasione fiscale. È vero che molti ingannano il fisco, ma è anche vero che le tasse sono troppo alte. A questi livelli è giusto parlare di strozzinaggio.
Rino Petrini
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Gentile lettore, lei è in sintonia con la Meloni, che parlò di “pizzo di Stato”. Messa così, è un cane che si morde la coda: l’evasore evade perché il fisco è esoso, ma il fisco è costretto a essere esoso perché molti sfuggono e quindi le spese generali (sanità, scuola, ecc.) gravano sul 17% della popolazione: il resto ne è beneficiario. Quindi non se ne esce? La verità è che bisognerebbe o abbassare le tasse (svanirebbe l’evasione? Non credo proprio) o perseguire brutalmente gli evasori. O entrambe le cose. Invece nessun governo fa nulla, da sempre. 30 anni fa, con la lira, risultava che i gioiellieri romani dichiaravano in media 11 milioni di reddito l’anno, ma le loro commesse ne dichiaravano 12. Cos’è cambiato da allora? Nei giorni scorsi il Ministero del tesoro ha pubblicato gli “indici Isa” che misurano l’aderenza tra guadagni dichiarati e stili di vita. Ebbene, quasi non c’è categoria di lavoratori che non sia fuori dai parametri di affidabilità. Bar, ristoranti e balneari dichiarano di sopravvivere con 15mila euro l’anno. Discoteche e locali notturni registrano un’inaffidabilità pari al 77%, le panetterie 70%, ecc. Più della metà dei B&B e degli alberghi dichiara un reddito di 18mila euro l’anno. E i gioiellieri? Tranquillo, il 55% dichiara al fisco meno di 28mila euro, il che, in termini di potere d’acquisto, equivale agli 11 milioni di lire di 30 anni fa. Tutto scorre, nulla cambia.