Il Palazzo dà la fiducia a Letta. La gente no

di Fabrizio Gentile

Alla fine il via libera della Camera arriva puntuale come previsto: 379 si’, 212 no, 2 gli astenuti e il governo ottiene la prima fiducia della giornata, e supera meta’ di quel “passaggio parlamentare” che Giorgio Napolitano aveva richiesto dopo l’uscita dalla maggioranza di Berlusconi e la sua decadenza da senatore. Ora, spiega il premier, “La coalizione e’ piu’ unita, ci sono le condizioni per definire un patto di governo, un impegno per il 2014. Il nuovo inizio è oggi”. Ecco, se questo rappresenta il nuovo iniziao, siamo messi male. Per diversi motivi.

Le debolezze del discorso
Primo: siamo per l’ennesima volta alla polityica degli annunci, al quanto saremo bravi quando faremo le riforme, al che bello che sarà il prossimo anno quando usciremo dalla crisi. Insomma, nel piatto oggi non c’è pietanza, ma sul menu il prossimo anno potremo mangiare a crepapelle, dicono. Sempre se ci arriviamo…
Secondo: le parole di Letta non coincidono del tutto con quel Contratto 2014 auspicato dal suo principale alleato, quiell’Alfano che ha amdato a carte quarantotto lo storico sodalizio con il cavalieri. Letta infatti indica quattro riforme, e saranno tutte portate avanti con la procedura prevista dall’articolo 138 della Costituzione (quindi niente bicamerali o percorsi speciali): riduzione del numero di parlamentari, abolizione delle province dalla Costituzione, fine del bicameralismo perfetto, una riforma del titolo V della Costituzione.

La riforma elettorale
Comunque la fiducia c’è, e si va avanti. Sulla nuova legge elettorale, prima di tutto. Ieri mattina ne hanno parlato anche Napolitano e Renzi, nel primo colloquio tra i due dopo le primarie del Partito democratico. “Nessuno pensi a una legge punitiva nei confronti di altri”, rassicura e minaccia velatamente il premier, che parla poco dopo la fine dell’incontro. Il primo via libera arriva dall’aula di Montecitorio, con 379 sì, 212 no e due astenuti.

L’attacco ai grillini
Più duri i toni che Letta usa quando fa accenno all’invito grillino alle forze dell’ordine affinche’ non difendano la classe dirigente. “Le istituzioni esigono sempre rispetto – replica il premier – a maggior ragione in un tempo amaro in cui si tenta di immiserire questa aula con azioni e parole illegittime che avallano la violenza, mette all’indice i giornalisti e vuole fare macerie della democrazia rappresentativa e arriva ad incitare all’insubordinazione le forze dell’ordine”. “Letta mente agli italiani e offende Movimento 5 Stelle”, replica prontamente Beppe Grillo.

Il passaggio al Senato
Incassata la fiducia alla Camera, Letta si è recato al Senato per ripetere l’operazione. E qui ne ha approfittato per spiegarsi meglio: “Attenzione perché alla Camera sono stato frainteso: qua non è che io vado avanti di sette mesi in sette mesi e ogni volta ricomincio con il timing dei diciotto: rimangono tali dal voto di fiducia di aprile”. Giusto il tempo di realizzare il Patto 2014.
In Senato, però, esplodono i tumulti non senza colpi di scena. A Palazzo Madama tutto ha inizio quando il vicepresidente Roberto Calderoli (in quota Lega Nord) dice che “Letta durerà quanto un gatto sull’Aurelia”. Il riferimento è all’elezione di Matteo Renzi a nuovo leader del Partito democratico. Calderoli fa sapere di non voler partecipare al voto (anche se al Senato l’astensione vale come espressione contraria).
Gli fa eco Matteo Salvini, che della Lega è il nuovo segretario, il quale ci va giù ancora più pesante: “Letta si sta scavando la fossa ubbidendo a tutte le richieste fatte da Bruxelles, e poi qualcuno si stupisce dei forconi. Dopo il voto di fiducia di oggi, i forconi dovrebbero entrare in parlamento”.

Davico scende dal Carroccio
Poi ancora il colpo di scena: il senatore del Carroccio Michelino Davico si stacca dal gruppo e fa sapere di voler votare sì in netto dissenso dai suoi. Gli danno del “traditore” e cercano di non farlo parlare

L’ok di Palazzo Madama
Verso le dieci di sera, dopo una giorata passata dentro ai Palazzi delle istituzioni, il governo supera anche l’esame del Senato con 173 voti favorevoli e 127 contrari. Il Parlamento gli ha dato la fiducia. Le piazze no. C’è solo un modo per andare avanti: fare le riforme.