Il Papa caccia i mercanti dal tempio. In Chiesa non c’è posto per Becciu. Il cardinale si difende: “Ho diritto all’innocenza”. Ma Francesco non gli perdona l’accusa di peculato

Il Vaticano secondo Francesco. Che sia un Papa rivoluzionario continua a dimostracelo ogni giorno. Non tollera ombre di sorta sui suoi uomini e al primo addensarsi di sospetti sull’operato di chiunque reagisce con fermezza e durezza. Si spiega così l’aver messo alla porta il cardinale Giovanni Angelo Becciu. Una decisione che ancora una volta è destinata a sconvolgere il Vaticano. Sul porporato sardo grava l’ombra di reati di peculato. Nel mirino anche l’utilizzo improprio dei soldi dell’Obolo di San Pietro, il fondo raccolto per le opere di aiuto ai poveri. Ma Becciu, all’indomani delle sue dimissioni da prefetto per la Congregazione delle cause dei Santi e dai diritti connessi al cardinalato, tenta di difendersi. E lo fa in una conferenza stampa a due passi dal Vaticano.

“E’ un po’ strana la cosa. In altri momenti mi ero trovato per parlare di altre cose, non di me, mi sento un po’ stralunato. Giovedì fino alle 18.02 mi sentivo amico del Papa, fedele esecutore del Papa. Poi mi dice che non ha più fiducia in me perché gli è venuta la segnalazione dei magistrati che io avrei commesso atti di peculato”. Al Papa, riferisce, gli avrebbe chiesto il perché di una decisione così forte. “Lui mi ha detto che avrei dato soldi ai miei fratelli, ma io non vedo reati, sono sicuro che la verità verrà fuori”. Becciu nega qualsiasi conflitto di interessi, né con i fondi finiti nella diocesi di Ozieri, dove un fratello è a capo della cooperativa Spes, né con un secondo fratello falegname, chiamato a fornire alcuni lavori nella nunziatura in Angola prima e a Cuba poi, né con un terzo fratello che produce birra.

Il Papa, ha raccontato Becciu, “mi ha detto che dalle carte della Guardia di finanza, su richiesta dei magistrati vaticani, risulta che io abbia commesso il crimine, o reato, di peculato perché quando ero Sostituto ho inviato 100mila euro alla Caritas di Ozieri, poi trasferiti sul conto della cooperativa Spes, di cui è presidente mio fratello. Io ho spiegato che 100mila euro è vero che li ho dati alla diocesi di Ozieri, ma è nella discrezionalità del Sostituto usare le somme di un fondo particolare della Segreteria di Stato destinato alla carità. Nella diocesi ci sono esigenze, problemi di occupazione”. E comunque quei soldi sono ancora lì. Becciu ha smentito di essere a conoscenza di investimenti vaticani verso fondi con sede in paradisi fiscali: “Chi seguiva gli investimenti erano i miei dell’amministrazione. Non mi dicevano la ramificazione di tutti i movimenti”.

Quanto alle accuse legate alla falegnameria del fratello, Becciu ha detto: “In Vaticano avevo tante di quelle possibilità di dargli lavoro ma dissi che qui non doveva entrare”. E sulla questione birra legata a un altro fratello: “Me l’ha fatta assaggiare, gli ho detto che era buona, ma non ho fatto propaganda per la sua birra: questa è una boutade offensiva”. Nel mirino anche la controversa compravendita di un immobile a Sloane Avenue, a Londra. “Certo lì abbiamo fatto un investimento ma negli interessi della Santa Sede, non miei o dei miei collaboratori”.

E “l’obolo di San Pietro non è stato toccato”. Una difesa ostinata la sua e senza giri di parole: “Nessuna sfida al Papa ma ognuno ha diritto alla propria innocenza”. Il porporato si sofferma sul colloquio avuto la scorsa sera con Bergoglio. “è durato 20 minuti. Il Papa era turbato. Spero che prima o poi si renda conto che c’è stato un forte equivoco, spero non sia stato manipolato”. Becciu ha riferito che il pontefice “soffriva” mentre gli chiedeva di fare un passo indietro, “era in difficoltà”, “forse ha avuto errate informazioni”. Forse.