Il Pd sfrutta sprecopoli per dare la spallata a Cota

di Antonio Rossi

Cota rischia di fare la stessa fine di Renata Polverini. Anche la ex governatrice del Lazio, dopo lo scandalo Fiorito, finì alle corde dinanzi alle richieste di dimissioni fatte dall’opposizione e poi, abbandonata da tutti, concluse anticipatamente la legislatura. Il Pd del Piemonte sembra voler seguire la stessa strada e, conclusa l’inchiesta sulle spese pazze, ieri ha compiuto la prima mossa, con le dimissioni di tutti i consiglieri democratici dai ruoli istituzionali. Di più: i consiglieri del Pd hanno annunciato che sono pronti anche a dimettersi dall’assemblea, rinviando però l’ulteriore spallata al prossimo 28 febbraio, sostenendo che in tal modo voglio consentire l’approvazione del bilancio ed evitare che il Piemonte finisca in braghe di tela. Ieri le dimissioni dalle cariche ricoperte sono stati formalizzati negli uffici regionali dal vicepresidente del Consiglio del Piemonte, Roberto Placido, dal presidente della Giunta per le elezioni, Rocco Muliere, e dai vicepresidenti delle Commissioni. La decisione di tentare con il governatore leghista il gioco duro è stata presa all’unanimità dal gruppo del partito, riunito dal segretario piemontese Gianfranco Morgando. L’incontro si è svolto ieri mattina ed è stato compiuto in vista della direzione regionale fissata per lunedì prossimo. Gli inquirenti si stanno preparando a chiedere il rinvio a giudizio di 43 consiglieri, accusati di aver utilizzato a scopo personale i rimborsi chiesti alla Regione per i gruppi consiliari, ovvero di aver fatto la bella vita con il denaro dei cittadini, che dovrebbe essere invece destinato all’attività politica. Un sistema venuto per la prima volta alla luce con Franco Er Batman Fiorito e che è stato poi individuato dalle Procure ordinarie e contabili in larga parte delle Regioni italiane. In Piemonte il quadro non cambia: rimborsi per griffe, ristoranti e sfizi vari dei politici, alcuni dei quali, a partire dal presidente Roberto Cota, secondo gli inquirenti avrebbero anche mentito in sede di interrogatorio e sarebbero stati sbugiardati dalle successive indagini compiute dalla Guardia di finanza. Il Pd, dopo aver visto arrivare anche ai suoi consiglieri gli avvisi di garanzia, è uscito indenne dall’inchiesta, con una richiesta di archiviazione, e forte di tale particolare ha alzato il tiro. Per Cota non è stato semplice insediarsi a Palazzo, ha dovuto lottare non poco con la democratica Mercedes Bresso, che ambiva a mantenere la presidenza, ma ora dovrà faticare ancora di più per cercare di tenersi la poltrona.