Il Piano casa del Comune di Milano è un flop: prometteva 10mila alloggi, se ne faranno 33

Dopo il fallimento dell'asse con i privati, Palazzo Marino ora punta a riqualificare l'esistente. La Uil: "Basta bandi casa tagliati sui desiderata degli speculatori"

Il Piano casa del Comune di Milano è un flop: prometteva 10mila alloggi, se ne faranno 33

Da 10mila alloggi a 33, che arriveranno entro dieci anni. Forse. Il fallimento del Piano casa del Comune di Milano sta tutto in queste due cifre. Ad ammettere che Milano non avrà i 10mila alloggi di Edilizia residenziale sociale calmierata (Ersc) – quelli “con affitti sostenibili e permanenti di circa 80 euro al mq all’anno (pari a 400 euro al mese per un appartamento di 60 mq), destinati a lavoratrici e lavoratori con redditi compresi tra 1.500 e 2.500 euro mensili” – è stato giovedì scorso l’assessore comunale al Bilancio, Emmanuel Conte.

A lui infatti è toccato il compito di certificare che il grande piano elaborato dall’allora assessore Guido Bardelli (già presidente della Cdo, già avvocato di molti costruttori privati) prima che fosse dimissionato per frasi poco felici contro la giunta, è un totale fallimento.

Piano Casa, l’alleanza pubblico-privata ha fallito

Il cardine sul quale era stato concepito, la cooperazione pubblico-privato, dove il pubblico dava gratis le aree per 90 anni ai costruttori e il privato costruiva case per le fasce medie, guadagnandoci con la gestione, non ha retto. E sì che alla chiusura dei primi due avvisi pubblici a maggio scorso la giunta esultava per le 24 manifestazioni di interesse presentate da 14 operatori privati (tra questi anche Coima di Manfedi Catella) per le aree inserite nel piano: Porto di Mare, via Sant’Elia 33 (ex Palasharp), via San Romanello e via Demostene, Villa San Giovanni (primo lotto da 200mila mq); via Bovisasca, via Pitagora, via Pompeo Leoni e via Medici del Vascello (secondo lotto per altri 33mila mq).

Vaporizzate 23 proposte degli operatori privati

Poi però quelle proposte o sono state ritirate o si sono rivelate non idonee. Solo una ha resistito, quella di Teicos per via Demostene: 33 alloggi oltre a un’area verde pubblica di 1.500 mq e commercio e servizi di vicinato per 1.200 mq. Ma perché questa debacle? Sicuramente l’esplosione delle inchieste sull’urbanistica non ha giovato (sarebbe interessante conoscere i nomi dei 14 operatori che avevano risposto all’appello, ma per l’Amministrazione devono rimanere segreti).

Il cambio di prospettiva: non si vendono le case Erp, si sistemano e si affittano

Tuttavia il fallimento ha avuto un effetto positivo. Conte ha infatti annunciato una virata a 360°, abbandonando l’idea della cooperazione pubblico-privata, a favore della gestione diretta degli immobili da parte del Comune. Quindi niente più aree pubbliche in dono ai privati, ma valorizzazione del “patrimonio pubblico, incremento del patrimonio residenziale e rigenerazione degli spazi urbani”.

Che, detto più terra terra, significa togliere dal mercato le case Erp e non che il Comune aveva inserito nel piano di alienazione (cioè vendeva case Erp che ha già, in attesa che se ne costruissero di nuove…), risistemarle e affittarle a canoni accessibili. Un’operazione all’apparenza lineare, che palazzo Marino avrebbe potuto fare anni fa. Invece aveva preferito conferire spazi ai privati… La motivazione, allora, era stata che palazzo Marino non aveva i fondi per costruire nuove abitazioni. Oggi invece Conte ha annunciato che i fondi si sono trovati, circa 70 milioni complessivi, tanto che prevede di riqualificare 2.500 appartamenti già nel solo triennio 2025-2027.

Casa, Uil: “Basta bandi che favoriscono gli speculatori privati”

Una sterzata che trova favorevole il sindacato Uil, in passato assai critico con le politiche abitative della giunta Sala: “I bandi del Comune andati deserti è il segnale evidente che le regole pensate finora non intercettano il bisogno reale della città”, commenta il segretario generale Uil Lombardia Enrico Vizza, “non servono bandi cuciti su misura degli operatori del mercato, che sembrano davvero favorire la casta della speculazione, ma politiche pubbliche che mettano al centro chi oggi a Milano non ce la fa a sostenere oneri di locazione insostenibili: infermieri, autisti, lavoratori dei servizi, insegnanti e tante altre figure fondamentali che, per colpa del caro-affitti, sono costrette a lasciare Milano”.

E, quanto ai prossimi bandi la richiesta del sindacato è chiara: “che il progetto venga riscritto in modo trasparente, evitando di favorire la speculazione, ma sia centrato sulle esigenze sociali ed economiche dei cittadini”.

I numeri horror degli sfratti a Milano

E che Milano abbia urgente bisogno di case per le fasce medio basse lo dicono i numeri: nel 2024 gli sfratti in Lombardia sono stati 6.500, circa 18 al giorno e ne sono stati eseguiti 4.802, ovvero 13 al giorno. E solo a Milano le richieste di esecuzione degli sfratti hanno toccato quota 14.084, mentre gli alloggi pubblici vuoti (non solo del Comune) sono ben 9.800. I numeri di una vergogna.