Il privilegio infinito dei partiti: pure l’Iva è pagata solo al 4 per cento. Nelle casse dello Stato finiscono le briciole

A fronte di una spesa per le elezioni di tre anni fa di 45 milioni di euro, i partiti hanno versato soltanto 1,7 milioni per pagare l'Iva.

Non bastava la mangiatoia dei rimborsi elettorali che in vent’anni ha portato nei forzieri dei partiti quasi 2 miliardi di euro. Le forze politiche di casa nostra hanno voluto di più. Alzando l’asticella fino a raggiungere vette inarrivabili per i comuni mortali. Così, imperterrite, ancora oggi continuano a godere di un regime agevolato sul pagamento dell’Iva, l’imposta sul valore aggiunto che ogni anno porta nelle casse dello Stato miliardi di euro. Non certo i loro visto che dal 1993 in poi, mentre l’aliquota ordinaria faceva un balzo in avanti di tre punti passando dal 19% al 22%, quella per le formazioni che popolano Camera e Senato e i candidati rimaneva ferma al 4%. La stessa applicata alle vendite di generi di prima necessità (pane e pasta), per intenderci. Un regime speciale che non è mai stato messo in discussione e che solo nella tornata elettorale del febbraio 2013, secondo le stime di Openpolis, ha fruttato un incasso di “appena” 1,7 milioni. Una vera a propria goccia nel mare.

BUCO NERO – A questo punto però viene da chiedersi: quanto avrebbero dovuto pagare le formazioni in campo se non avessero usufruito di questo ulteriore privilegio? Vediamo. Se prendiamo il totale delle spese sostenute dai partiti durante la campagna elettorale di tre anni fa al lordo dell’Iva, circa 45,5 milioni, e applichiamo l’aliquota ordinaria (che nel 2013 era al 21%) scopriamo che il gettito sarebbe stato di 9 milioni 176 mila euro. E invece nelle casse pubbliche sono finiti 7,4 milioni in meno. Certo, si dirà, questa agevolazione ha un limite temporale: vale solo per gli acquisti effettuati fino a tre mesi prima del voto per le elezioni politiche, regionali, locali e del Parlamento europeo e in più può essere sfruttata unicamente per le spese attinenti alla campagna elettorale. Ma è comunque un fatto che, mentre di anno in anno il governo sia costretto a prodigarsi per scongiurare un ulteriore balzo in avanti dell’aliquota ordinaria, la politica se ne resti a guardare.

L’ESCALATION – L’anno della svolta è stato il 1993. Fino ad allora, infatti, non esisteva un regime speciale per i partiti, che pagavano l’Iva al 19% come tutti gli altri. L’agevolazione al 4% è stata introdotta soltanto per gli acquisti di materiale tipografico, salvo poi essere estesa anche per altri scopi. Nel 2004, mentre per gli altri contribuenti vedevano crescere l’aliquota ordinaria di un punto percentuale, fu allargata anche alle spese per la propaganda – come l’acquisto di spazi di affissione, messaggi elettorali su tv, radio e giornali – all’affitto dei locali e a tutti i servizi necessari per l’organizzazione delle manifestazioni. Nel 2012, con l’aliquota base passata nel frattempo dal 20% al 21% per far fronte alle difficoltà delle finanze pubbliche, ecco l’ulteriore trovata: ampliare lo sconto anche per comprare messaggi politici ed elettorali sui siti internet. Il tutto in attesa della prossima puntata.

Tw: @GiorgioVelardi