Il processo a Di Maio è un flop. L’assemblea gli conferma la fiducia. Di Battista ai dissidenti: proponete invece di lamentarvi. Carelli chiede cambiamenti nella squadra dei ministri

Ai contestatori, che lo hanno messo sulla graticola per i quattro incarichi ricoperti e per aver accentrato su di sé scelte politiche di peso e di governo, non era andata giù neanche la decisione di affidare alla piattaforma Rousseau la conferma della sua guida politica. Ma ora Luigi Di Maio, numero uno del M5S, vicepremier e due volte ministro, mette i puntini sulle i e parla da vero leader. “Ho chiesto la fiducia agli iscritti – dice ai parlamentari convocati ieri sera per analizzare la sconfitta elettorale del 26 maggio – perché anche io ho una dignità e negli ultimi due giorni mi sono sentito dire di tutto. A me non me ne frega nulla della poltrona. Molti pensano sia bello stare in prima linea, ma il punto è che quando va tutto bene e vinciamo il merito è di tutti, se si perde prendo schiaffi solo io”.

Conferma la sua disponibilità a intervenire sulla struttura del Movimento: “Se domani vengo riconfermato non restiamo fermi, dobbiamo cambiare delle cose. Dobbiamo avviare una nuova organizzazione. Il M5S non perde mai: o vince o impara”. Ma prima di tutto si deve partire dalla fiducia in un capo politico. L’intervento di Di Maio (“Felice che siamo tutti qui perché siamo una famiglia”) è stato accolto da un lungo applauso. Il premier Giuseppe Conte – riferisce – vuole sapere se si ha intenzione di “continuare a sostenere questo governo”. Definisce la lettera che ci ha inviato l’Ue “totalmente assurda, vogliono aprire una procedura di infrazione sul debito del 2018 fatto dal Pd. Ma l’Italia non si piega”.

IL CONFRONTO. Il senatore Primo Di Nicola, nel mirino perché dimessosi dalla carica di vicecapogruppo al Senato, è tra i primi a parlare. Chi ha partecipato riferisce il senso del suo intervento con queste parole: “Piena e totale fiducia in Di Maio, leader naturale, capace di sintesi tra tutte le sensibilità interne al MoVmento. Ci ha portato alla vittoria del 4 marzo e se quello è stato un successo di tutti anche le responsabilità della sconfitta devono ricadere su tutti”. Come aveva spiegato ieri La Notizia le sue dimissioni non erano un segno di protesta nei confronti del capo politico ma un richiamo a condividere le responsabilità “perché si vince e si perde assieme”. Infatti Di Nicola spiega: “Per chiedere le dimissioni degli altri bisogna prima offrire le proprie”.

Un messaggio indiretto a quanti, invece, le hanno chieste a Di Maio restando incollati alla poltrona. Secondo il senatore grillino “c’è un problema sul territorio: gli attivisti lamentano di non contare nulla e sono demotivati”. E la risposta non può che essere una: “Introdurre nel Movimento il principio democratico dell’elezione dal basso degli organi dirigenti a tutti i livelli, sia regionale che nazionale”. Non solo. Emilio Carelli pone sul tavolo dell’assemblea la questione di un eventuale cambio della squadra dei ministri. Come la pioggia incessante di questo maggio, che sembra novembre, erano continuate a cadere da ogni parte anche ieri critiche sull’operato di Di Maio. Contestazioni che si sono concretizzate in mattinata nelle dimissioni del senatore Gianluigi Paragone. Ma il vicepremier ha spiazzato tutti.

A poche ore dall’assemblea congiunta dei parlamentari ha annunciato che sottoporrà al giudizio degli iscritti M5S (“Gli unici a cui devo rendere conto del mio operato”) la conferma della sua leadership. Benedetta pure da Alessandro Di Battista, che si scusa con Di Maio “per non aver fatto abbastanza” e striglia i contestatori: “Proponente anziché lamentarvi. Sono convinto che ritorneremo in alto”. La maggioranza dei parlamentari rinnova fiducia al leader. La fronda è disinnescata.