Il Punto di Mauro Masi. Così Internet sta cambiando anche il costume e non solo il mondo produttivo

Se si voleva una ulteriore prova che Internet sta cambiando non solo l’economia mondiale ma anche il costume, questa è stata fornita dal mitico Oxford Dictionary (il nome con cui si indica il New English Dictionary on Historical Principles, lo storico dizionario della lingua inglese antica e moderna pubblicato dalla casa editrice dell’Università di Oxford) che ha annunciato di aver aggiunto alla sua nuova edizione circa 60 neologismi gran parte dei quali vengono direttamente dal mondo della Rete. Vi troviamo parole come: “bit coin” la moneta virtuale che viene usata in alcuni siti e che ha attratto l’attenzione anche della Fed Reserve Bank (la Banca Centrale americana); “phablet”, quei dispositivi che combinano le caratteristiche degli smartphones e dei computers mini tablet; “emoji”, termine originariamente giapponese ma che ora indica quei disegnini standardizzati (ad esempio le faccine ridenti o piangenti) disponibili nei cellulari che vengono usati per surrogare le parole nei messaggi SMS.

Ma c’è di più; il dizionario Oxford aggiunge altresì ( dando loro valore di espressioni formali della lingua inglese moderna), alcune popolari abbreviazioni usate su Internet ad esempio: “FOMO” ossia “fear of missing out” cioè “ho paura che mi sto perdendo qualcosa” e “tl, dr” che sta per “too long, didn’t read” cioè “è troppo lungo, non l’ho potuto leggere”. C’è addirittura il termine “ selfie” che indica l’autoritratto (in genere fotografico) che viene postato direttamente dagli interessati sui social media tipicamente Facebook o Instagram.

Personalmente considero tutto questo non tanto come  una mera presa d’atto della realtà ma piuttosto una vera rivoluzione che dalla semantica si estende ai rapporti sociali nel loro insieme.

E ciò perché questi neologismi non cambiano solo la lingua inglese ma stanno diventando la base di una lingua internazionale (quella della Rete) che sta velocemente togliendo capacità creativa a tute le altre lingue nazionali.

In realtà non è pensabile (come pure qualcuno sostiene soprattutto nel mondo accademico di lingua francese) che la “lingua della Rete” possa prendere in futuro il posto degli idiomi nazionali ma è un fatto che la “lingua della Rete” già ora sta assorbendo la spinta al cambiamento e all’adattarsi alla modernità che è sempre stata una caratteristica fondamentale delle lingue vive.

Maria Luisa D’amico studentessa universitaria di Milano, mi chiede se un “ghost writer” può mai rivendicare la paternità di una sua opera. La questione è piuttosto interessante e, peraltro, fa riferimento ad una fattispecie molto più diffusa di quanto si pensi. Ebbene si, nel nostro diritto positivo non c’è dubbio che il “ghost writer” possa sempre portare davanti ad un giudice un’azione di rivendica della paternità (addirittura possono farlo anche i suoi eredi) fatti salvi i casi in cui questo è escluso contrattualmente (che sono peraltro limitati perché una clausola che escluda sempre e comunque la paternità  originale sarebbe nulla perché contraria a norme imperative di legge).