Il Punto di Mauro Masi. I brevetti vanno adeguati ai tempi del web

Secondo le ultime notizie la vendita dell’ex colosso della (prei) storia della Rete Yahoo, al gigante delle Tlc Verizon slitta almeno al secondo trimestre del 2017. L’operazione, valutata in 4,8 miliardi (un prezzo giudicato molto basso, quasi una svendita), era già slittata altre due volte. Questa volta forse per l’inchiesta delle autorità USA sullo scandalo dei cyberattak cui è stata vittima Yahoo tra il 2013 e il 2014 in cui sono stati violati gli account di oltre un miliardo di utenti e che la società ha rivelato solo due anni dopo i fatti. Verizon peraltro sembra essere tuttora interessata a chiudere la transazione sia perché Yahoo mantiene ancora servizi Internet significativi sia perché possiede un pacchetto di circa 3000 brevetti risalenti agli anni 90/2000. La questione dei brevetti è particolarmente interessante perché in questo grande pacchetto ci sono sicuramente quelli che concernono le tecnologie di base del business di Yahoo (come il motore di ricerca); altri in fase di valutazione da parte dell’ufficio dei brevetti USA ed altri (e non pochi) sono brevetti acquistati “solo per difendersi da altri brevetti” e dalle sempre più numerose cause che vengono accese dalle tante società create ad hoc solo per aprire contenziosi.

Questo aspetto evidenzia un tema più generale di grande rilevanza: c’è infatti in tutto il mondo una tendenza in crescita esponenziale ad andare in giudizio sui temi più disparati connessi ai vari brevetti. E non sempre (anzi molto raramente) per motivi relativi al merito tanto che il sistema dei brevetti sembra essere entrato in crisi e sembra esserlo entrato proprio nel settore dell’ICT; intanto perché il settore stesso è caratterizzato, per sua stessa natura, dalla possibilità di ottenere brevetti su progetti diversi solo per dettagli tecnici non sempre di immediata evidenza e poi, come detto, per la presenza di aziende che acquistano brevetti non tanto per realizzarli ma per utilizzarli per andare in causa contro altre aziende (di solito quelle di maggior successo) sperando di ottenere comunque un vantaggio di natura economica. Da ciò il nascere di un enorme contenzioso giudiziario che fa la gioia degli avvocati ma che rappresenta un oggettivo freno al mercato e all’innovazione. Negli Stati Uniti è stata da poco varata una riforma del sistema dei brevetti che però non sembra essere in grado di superare tutte le problematiche emerse. Alcuni ambienti accademici, americani e non, hanno avanzato di nuovo una proposta già emersa qualche tempo fa (e sostenuta anche in questa Rubrica): perché non pensare ad una durata diversa della protezione brevettuale in relazione ai diversi prodotti e cioè più breve per i settori caratterizzati da più veloce innovazione come quello dei computer ed una protezione più lunga per i settori dove l’innovazione è più lenta e dispendiosa come ad esempio i farmaceutici. E’ una idea che, a mio avviso, va approfondita con molta attenzione soprattutto perché, tra i molti vantaggi che potrebbe portare, ci sarebbe quello di adeguare l’orologio della protezione brevettuale alla tempistica della Rete.